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Frate Egidio a Valdisasso

 

di Federico Uncini

 

 

Una testimonianza della frequentazione dell’eremo di Valdisasso da parte dei primi francescani ci proviene dal “Bzovius, Annales, ad annum 1230”. Dopo la frequenza con il Serafico, Frate Egidio ritornò a Valdisasso da solo. «Cosa vuoi che faccia e dove vuoi che vada?», domandò un giorno frate Egidio a frate Francesco. E questi gli rispose: «Per te c'è sempre un luogo pronto dove andare: Vai dove vuoi». E frate Egidio partì liberamente per quelle destinazioni che sono tutte di Dio. Ma presto sentì quella libertà come qualcosa di angustiante. In capo a pochi giorni tornò da Francesco: «Mandami dove vuoi, ma dimmi dove, perché in quest'obbedienza così libera non trova pace la mia coscienza». Francesco allora lo inviò all'eremo di Fabriano. E da quel momento lo inviava, per obbedienza, in un posto o nell'altro. Frate Egidio della "Città d'Assisi", dopo aver visitato Roma, si recò «per non perder il merito dell'obedienza (...) all'eremo di Fabriano, e si guadagnava il povero vitto, e l'elemosina con le sue fatiche; ò faceva delle sporte, canestri, & altri lavori; e li dava poi a quelli, che a lui davano il pane, ò altra carità. Un giorno si pose in detto Eremo a pensar alli peccati fatti nel secolo; e gli venne tanta gran contrittione, ch'entrato nella selva, si spogliò nudo, e si battè aspramente; e poi con una grossa fune al collo entrò nella Cella; e disse alli frati, con molte lagrime: Habbiate misericordia a me gran peccatore. Io per conoscermi indegno dell’ habito di S. Francesco, me ne sono spogliato: se voi per elemosina volete rendermelo, io me ne rivestirò di nuovo. Li frati, ammirati della sua humiltà, e contrittione, lo consolarono, rendendogli il suo habito; lagrimando ancor loro per tenerezza». (Tratto dalla “Vita del B. Egidio d’Assise”, in LUDOVICO JACOBILLI, Vite dè Santi e Beati dell’Umbria, Foligno 1647, Tomo I, p. 422). Accanto a detto episodio, lo Jacobilli pone la “nota”: «Bzovius, An. 1238 n. 8, Annal, Heccles.»; trattasi dell’opera di A. BZOVIUS, Annales ecclesiastici post Baronium, Cologne 1622, volume VIII.

 

 

L’Estasi del beato Egidio nell’eremo di Valdisasso

 

Daniel Elcid Celigueda scrive nel testo “I primi compagni di San Francesco”, che il beato Egidio, instancabile lavoratore, nell’anno 1217 si «dava a coltivare un orto, cosa che riusciva a fare con grande perizia. Come avveniva a Fabriano. Offriva poi dei suoi ortaggi a un ortolano vicino, che non aveva fortuna nel suo lavoro. Senonché questi – un brutto tizio – si rifiutava di accettarli, per approfittare poi dell’assenza di frate Egidio per rubarglieli, finché non fu scoperto da un’altra persona, che glielo rinfacciò duramente». Nello stesso testo, l’autore trattando delle estasi del beato assisiate (la prima verificatasi nel 1215), riporta: «Fu nell’ eremo di Fabriano, nella pianura di Perugia (sic!). Stava pregando con fervore, come al solito, quando sentì di essere come una boccetta ripiena di balsamo dolcissimo dell’amore del Signore: era come se Questi gli facesse uscire l’anima dal corpo perché potesse vedere con piena lucidità le recondite bellezze della Divinità. E a mano a mano che l’anima saliva, cominciò ad avvertire che il suo corpo andava morendo, distaccandosi, a cominciare dai piedi fino alla parte più alta. E trovandosi l’anima fuori dal corpo - così gli sembrava -, lo Spirito Santo lo illuminò perché la vedesse e gioisse di vederla quale Egli l’aveva trasformata con la sua grazia: preziosissima, splendente, divinamente bella. Neppure vicino alla morte, acconsentì di rivelarne ulteriori dettagli. Ma la sua “grande estasi” avvenne nove anni dopo, a pochi mesi dalla morte di san Francesco, intorno al Natale del 1226, nell’eremo di Cetona, sempre vicino a Perugia (…)».

 

Il testo originale della Vita del Beato Egidio in lingua volgare riporta alcuni fatti del frate avvenuti nell’eremo di Valdisasso. «Vedendo il Padre S.Francesco la perfezione di Frat’Egidio nelle virtù, e la prontezza nel ben operare, cordialmente l’amava, e si rispecchiava in lui, dicendo a gli altri Frati, che esso era uno dei suoi Cavalieri della tavola rotonda, che così chiamava i Frati ch’erano umili e devoti. Pregando una volta il Beato Frat’Egidio il Padre S. Francesco, che li comandasse ciò che avea da fare, e s’avesse da fare, od andare, rispose il santo, la tua stanza è apparecchiata dove ti piace e data la benedizione si partì è cominò quattro giornate così libero, ondo perché lo spirito suo non trova una quiete, se ne tornò dal santo, dicendoli Padre vi prego a mandarmi in luogo determinato, perché nell’andare à questo modo vagabondo da me, in questa libera ubedienza, non trova riposo la coscienza mia, e così S.Francesco lo mandò all’Oratorio di Fabriano, nel qual luogo andò scalzo, e con un abito… in tempo di freddissima stagione, rincontrò per la strada un viandante, che li disse, io non andaria così scalzo, e quasi nudo come te, per tempo così freddo anchor che io fossi certo haver andare in Paradiso, per le quali parole il Demonio gli aumentò talmente il freddo nella vita, che si credea morire; ma stando in quel tormento cominciò a pensare come Nostro Signore Gesù Christo se n’andò scalzo,e povero pel mondo, e come sopportò freddo, e trovagli assai maggiori per noi altri, e con questo pensiero come con uno ardente fuoco se gli infiammò il cuor prima, e dopo il corpo di calor divino, e così se né andò laudando Iddio suo dolce signore, che senza fuoco materiale lo havea riscaldato col ardente calore del suo divino amore. Hora nel detto vi stette Frat’Egidio parecchi anni, e un giorno pensando ai suoi peccati, se n’andò al monte, e chiamò un frate giovinetto, che lo conducesse con una corda al collo, e senza l’habito, dov’eran gli altri Frati, e entrando in tal modo alla presenza loro, cominciò lacrimando à dire ad alta voce habbiate misericordia di così gran peccatore ei Frati vedendolo in quella difformità e sentendolo dir quelle parole, cominciarono tutti è à pianger seco, e lo pregarono, che si vestisse l’habito, e gli dicea loro, io non son degno di esser Frate Minore; ma se pur voi volete che io ripigli l’habito per limosina fatami da voi lo pigliarò; ma come indegno, e si rivestì e ivi se ne stette facendo di sua mano delle cassete di paglia, per coprir vetri, e dei cestelli, e egli col compagno le portavano alle ville pigliando in cambio, quello di che havean maggior bisogno, si per il sostentamento della vita, come per vestire, e dell’avanzo ne vestiva un Frate: e dicea che quella limosina data al Frate, pregava per lui quando dormiva, non potendo in quel tempo fare orazione. Venendo un giorno Frat’Egidio dal campo, con una canna, e un manarino in mano, passò per una chiesa d’un Sacerdote, il qual vedendolo lo chiamò Hippocrita, per la qual falsa parola, n’hebbe tanto fastidio il santo, che mai facea altro che piangere, onde ritrovandolo un Frate così mesto, gli domandò la causa del suo lagrimare, à cui rispose, perché sono un hippocrita, come m’ha detto adesso un Sacerdote, e il Frate soggiunse credi dunque per questo, che sia vero, è meschino, e gli rispose si ch’el credo certo da poi che me l’ha detto un Sacerdote, perché non posso credere che i sacerdoti mentiscono; per lo che il Frate per consolarlo, gli disse fratello non ti angustiare, che per ventura non sarai Hippocrito, che il parer degli huomini, è per il più molto lontano dalla sentenza di Dio, per la qual buona ragione restò alquanto consolato dicendo, che pur se così fosse tale, era mera grazia di Dio.»

 

(Dalla ”Vita del Beato Egidio" tratta da: Delle Croniche De Gli Ordini Istituiti da P.S.Francesco Volume II, Libro VII ,Cap.5 pp 144,145, Parma MDLXXXI.)

 

 

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