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La carta bambagina di Fabriano all'epoca di Dante

L'importanza del supporto cartaceo di scrittura per la diffusione

della Divina Commedia

 

 di Sandro Boccadoro

 

 

La carta bambagina è il prodotto raffinato delle cartiere medievali, una carta pregiata che veniva scelta per la scrittura e, in tempi successivi, per la stampa. Il termine deriva da bambagia, la lanuggine che avvolge i semi delle piante di cotone, costituita quasi completamente da cellulosa. Le fibre per la produzione di carta bambagina si ricavano anche dalla canapa e dal lino. Gli arabi coltivavano ampie piantagioni di lino che, con le fioriture dal colore azzurro, infondevano bellezza al paesaggio. Tuttavia il procedimento di produzione può prescindere dall’utilizzo della cellulosa contenuta in queste piante perché la carta bambagina si può ricavare anche dagli stracci bianchi di cotone e di lino.

 

 

Dante Alighieri

La diffusione della Divina Commedia. Il testo originario del poema, scritto manualmente da Dante, non è stato mai rintracciato, così come tutte le altre sue opere. La Divina Commedia ebbe vasta diffusione grazie al lavoro dei copisti. In particolare i monaci amanuensi dedicavano la loro giornata alla copiatura dei codici e altri documenti lavorando nello “scriptorium”, un locale degli antichi conventi destinato a questa attività e scelto tra gli ambienti meglio illuminati.

 
Le tappe del successo. La divulgazione del poema inizialmente incontrò qualche difficoltà per la diffidenza della Chiesa e l’ostilità degli avversari politici di Dante, nonché per la scarsa considerazione del mondo culturale nei confronti di un testo scritto in lingua volgare. Tuttavia non tardò ad arrivare una straordinaria affermazione, sancita dalle letture e declamazioni pubbliche nonché dal fatto che già nel 1300 la Divina Commedia divenne argomento di studio nelle università. Boccaccio, grande estimatore di Dante, per incarico del governo fiorentino teneva le “lectura dantis” presso la chiesa di Scheraggio. Fu proprio lui che aggiunse al titolo di “Commedia”, dato da Dante alla sua opera, l’aggettivo “divina”.

 
Il supporto cartaceo di scrittura. Nel corso del XIV secolo la carta bambagina sostituì progressivamente la pergamena. Il supporto membranaceo di scrittura rimase in uso per i Codici danteschi più pregiati, quelli commissionati dai nobili dell’epoca. La carta rispetto alla pergamena era un prodotto più economico e di uso più agevole. Pertanto, sia per il minor costo che per la facile disponibilità il manufatto cartaceo contribuì sensibilmente ad incrementare la produzione dei manoscritti e quindi la diffusione della Divina Commedia. La divulgazione massima del poema si verificherà a partire dalla fine del 1400, in seguito all’introduzione della stampa con caratteri mobili. A Foligno nel 1472 uscì la prima edizione a stampa,ad opera di Johann Numeister allievo di Gutemberg, che fu anche il primo libro stampato in Italia.

 
La civiltà medievale della carta. L’introduzione della carta in Europa da parte degli Arabi cambiò radicalmente il contesto culturale della società medievale. L’emergente economia del nuovo supporto cartaceo produsse un effetto moltiplicatore delle occasioni di scrittura. La lettura dei testi disponibili non rimase più limitata alla cerchia dei ceti acculturati: ecclesiasti, giuristi, letterati, scribi, ma si propagò nella popolazione.

 
Il viaggio della carta. Nel II secolo d.C. un dignitario della corte cinese presentò all’imperatore i primi fogli di carta. La sua produzione rimase segreta in Cina fino al secolo VIII, quando nel 1751, a seguito della battaglia di Samarcanda, gli Arabi acquisirono i segreti della lavorazione. Soltanto nel XII secolo gli Arabi esportarono la loro carta in tutti i paesi del bacino mediterraneo.

 
L’introduzione della carta in Italia. Il cosiddetto periodo arabo-italiano ebbe inizio in Sicilia. Successivamente la produzione del manufatto si affermò ad Amalfi. Tuttavia le prime cartiere italiane non apportarono nessuna modifica alla tecnica della lavorazione araba, che consisteva fondamentalmente nel trattamento dei fogli con un velo di colla ricavata dei cereali, per renderli impermeabili agli inchiostri. Il manto colloso a base di sostanze amidacee vegetali era un terreno favorevole allo sviluppo di microrganismi. Pertanto la carta prodotta con il metodo arabo si deteriorava nel corso del tempo. Sta di fatto che l’imperatore Federico II con la Costituzione di Melfi vietò l’uso della carta per la compilazione dei documenti pubblici, perché non era garantita la loro conservazione.

 

 

La produzione della carta a Fabriano. Fabriano vanta una tradizione cartaria plurisecolare. La produzione ininterrotta fin dal XIII secolo, si è caratterizzata soprattutto per la lavorazione a mano, foglio per foglio, e per le pregiate carte filigranate. Dai primi semplici segni, che si possono vedere nelle raccolte dei fratelli Zonghi, l’estro dei maestri cartai ha creato vere e proprie riproduzioni d’arte. Non si può stabilire con esattezza quando sia avvenuto il passaggio dal periodo arabo-italiano al periodo occidentale-italiano, ma è accertato che la produzione della carta con tecniche innovative è iniziata proprio a Fabriano.

 

Le innovazioni dei cartai fabrianesi. Con le pile a magli multipli la sfilecciatura degli stracci diventa più veloce e la pasta più raffinata. Nelle gualchiere questi macchinari idraulici erano azionati dalla forza motrice dell’acqua. Le numerose cartiere medievali di Fabriano erano localizzate lungo il fiume Giano nella zona di Vetralla, a monte dell’abitato per sfruttare acqua pulita. Il salto di qualità si registra quando il trattamento con amido vegetale viene sostituito dalla collatura del foglio con gelatina animale, ricavata dalla conciatura delle pelli. Mentre la carta araba era deteriorabile e scarsamente impermeabile, il nuovo manufatto, prodotto per la prima volta a Fabriano, risulterà più impermeabile agli inchiostri ma soprattutto durevole e di assoluta affidabilità, perché non essendo attaccabile dai microrganismi si conservava nel corso del tempo. La terza invenzione fu l’impiego dei telai con fili metallici di ottone o rame. Nella griglia venivano posizionati fili modellati che disegnavano varie figure o lettere, per costituire il “segno” identificativo di ciascuna cartiera. Con queste innovazioni la carta di Fabriano conquistò il monopolio dei mercati in Italia e all’estero.
La chiave del successo in epoca medievale, oltre alla qualità del prodotto, era dovuta anche al fatto che a Fabriano si riscontrava una concentrazione “a grappolo” di numerosi opifici. Quindi, a differenza di altre città in cui funzionano uno e due cartiere, qui la produzione avveniva a ritmo continuo in modo da soddisfare in tempo reale tutte le richieste.

 
Il commercio della carta nel XIV secolo. Era compito dei mercanti, che commerciavano il manufatto cartaceo, garantire il regolare andamento del ciclo produttivo attraverso le commesse, provvedere al reperimento delle materie prime, assicurare la vendita e la spedizione del prodotto finito. Per ogni spedizione nei manuali di marcatura registravano la data dell’invio, il nome del destinatario e quello del trasportatore, peso e numero dei colli, il prezzo convenuto, nonché il contenuto e la qualità della merce, in dettaglio per ogni collo spedito. Da Fabriano il mercato era diretto verso i centri mercantili di smistamento che avevano sede in particolare nelle città di Perugia e Fano. Da qui i traffici del mercato si dirigevano verso i centri di consumo e verso altri centri di smistamento: Venezia e Talamone. Per rotte marine o attraverso assi viari interregionali la carta arrivava nelle principali città italiane, nell’Europa centrale, in Francia e nella Spagna.

 
Egemonia nei mercati della carta di Fabriano. Una serie di circostanze e documentazioni storiche può essere riferita come attestazione:

 
- La carta di Fabriano nel 1300 è registrata costantemente nei principali manuali di marcatura. Nell’Archivio storico comunale di Fabriano sono conservati sette registri attribuiti alla compagnia dei famosi mercanti Ambrogio di Bonaventura e suo figlio Ludovico.

 
- Dalla seconda metà del 1200 e per tutto il secolo successivo a Firenze agiscono sette agenzie mercantili che commerciavano carta con le cartiere di Fabriano e in particolare con Ludovico di Ambrogio.

- Molta corrispondenza inerente il commercio della carta tra Fabriano e la Toscana, e in particolare Firenze, è contenuta nel carteggio della compagnia mercantile di Prato che fa capo a Francesco Datini. Nello spoglio di alcune migliaia di lettere conservate nell’archivio Datini risulta che nel XIV secolo la carta di Fabriano è la più commercializzata in Italia e in Europa.

- Ulteriore e più recente conferma proviene dalle ricerche di Federigo Melis, che negli anni ’60 del 1900 dedicò uno studio approfondito ai documenti conservati nell’archivio Datini. Anche lui rilevò che la carta di Fabriano ricorreva costantemente nella corrispondenza di Francesco Datini e che dai documenti consultati risultava l’imponente traffico di carta fabrianese verso i maggiori centri di consumo italiani ed esteri.

 

 

Il periodo “fabrianese”. Tra il 1250 e 1l 1350 diminuì la produttività delle cartiere nelle principali città italiane. Fece eccezione il complesso produttivo di Fabriano che esportava pressoché in esclusiva in tutti i mercati. “Facera charta ad usum fabrianensem” nella seconda metà del 1300 iniziò l’esodo delle maestranze qualificate che da Fabriano esportarono il nuovo procedimento di fabbricazione. Le altre cartiere, sviluppavate per “gemmazione”, adottarono la tecnica della gelatina animale.

 

 
La carta di Fabriano all’epoca di Dante. Si è già visto che i manoscritti originali delle opere di Dante non sono stati mai reperiti. Non è pervenuto un solo documento nel quale sia riportato uno scritto del poeta. Quindi non è possibile verificare direttamente quale carta Dante abbia usato per manoscrivere le sue opere. Tuttavia si può avanzare una suggestiva ipotesi e prospettare un lusinghiero accostamento tra la carta bambagina prodotta nelle cartiere medievali di Fabriano e l’uso che ne può aver fatto Dante per comporre la Divina Commedia e le altre opere. L’ipotesi si può considerare un’indiretta ma probante verifica, perché suffragata dalle varie circostanze e documentazioni storiche che attestano l’egemonia conquistata da Fabriano nei mercati della carta nel periodo in cui il poeta è vissuto.

 

 

 
In conclusione, tutte queste considerazioni inducono a dedurre verosimilmente che Dante abbia scritto la Divina Commedia sulla carta bambagina di Fabriano

 
Le filigrane di Fabriano nei Codici della Divina Commedia. Il testo della Divina Commedia è stato pubblicato integralmente dopo la morte di Dante. Il primo manoscritto è il Codice Landiano 190 conservato presso la biblioteca Passerini-Landi di Piacenza, che risale al 1336. Come già detto in questo periodo la carta di Fabriano aveva il monopolio del mercato. Di fatto molti Codici cartacei sono stati manoscritti sulla carta filigranata fabrianese, come si può verificare direttamente consultando gli antichi testi. Oltre ottocento Codici furono compilati prima dell’avvento della stampa a caratteri mobili. Di questi più di duecento si trovano nelle biblioteche storiche di Firenze: Laurenziana, Riccardiana, Nazionale. Ricercando il segno delle carte filigrane nelle pagine dei Codici si può dedurre la datazione e la provenienza del manoscritto, con l’ausilio del dizionario di Charles Briquet e della raccolta Zonghi. Nel corso di una ricerca “dilettantistica” effettuata nella biblioteca Marucelliana ho trovato e fatto fotografare quattro filigrane di Fabriano: corno da caccia, scala semplice, cappello prelatizio, montagna con la croce, in altrettanti Codici danteschi: Riccardiano 1011-1002-1034-1094 Ma la ricognizione più entusiasmante è stata quella effettuata presso la biblioteca Laurenziana dove è conservato un Codice cartaceo, contrassegnato con il segno del giglio. Questo testo è stato manoscritto da un copista ignoto, probabilmente un frate francescano, a Sassoferrato nel 1355, quindi pochi anni dopo la morte di Dante. La circostanza è attestata nel repertorio di Marcella Roddewing, in cui si legge “Questo manoscritto della Commedia, copiato nel febbraio 1355 a Sassoferrato in scrittura semigotica e bastarda, è un autorevole testimonianza del poema dantesco”.

 

 

 
La Commedia di Dante nei Codici miniati. I Codici sono volumi manoscritti su fogli cartacei o membranacei. I più pregiati sono arricchiti da preziose miniature, che riproducono decorazioni e illustrazioni istoriate. Molti Codici danteschi, che sono gelosamente rinchiusi negli scaffali delle biblioteche, li possiamo oggi consultare e sfogliare pagina per pagina, diffusi e riprodotti integralmente in forma digitale. Tra i più famosi il manoscritto di Giovanni Boccaccio, nel quale di sua mano riproduce sette disegni a penna nella cantica dell’Inferno. L’originale è visibile in una teca della biblioteca Riccardiana di Firenze. Molto avvincenti sono inoltre le novanta tavole disegnate su pergamena da Sandro Botticelli, con il commento di Cristoforo Landino. Tra i più famosi vanno ricordati anche: Urbinate Latino 365 commissionato da Ferdinando da Montefeltro che è conservato presso la biblioteca Apostolica Vaticana; Thompson 36 commissionato da Alfonso d’Aragona che è conservato presso il museo British Library di Londra. La bellezza di questi e di altri manoscritti miniati scaturisce dalle decorazioni in oro e dalle illustrazioni scenografiche che riproducono gli eventi descritti nel poema.

 
Considerazioni conclusive. Mi preme quindi evidenziare che il mio contributo ha un taglio di tipo dilettantistico e un significato essenzialmente divulgativo. Le conoscenze che ho acquisito su questi argomenti derivano fondamentalmente dalla lettura delle magistrali pubblicazioni di Giancarlo Castagnari. La passione e l’entusiasmo che hanno animato il mio impegno derivano dal fatto che sono nato nella città della carta e che da molti anni vivo nella città di Dante, dove ho svolto la mia professione quale medico di sanità pubblica. Mi rendo conto che le argomentazioni riferite non sono probanti di una verità storica. Ritengo comunque che l’argomento trattato susciti interesse e che possa servire da spunto per una specifica e approfondita ricerca da parte degli studiosi in materia.

 

 

 

 


Testo tratto da: Libro del Palio di San Giovanni Battista, 2016

 


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