"De
requirendo corpore S.ti Romualdi"
di
Pippo Rossi
Nella
rubrica LXXXXVIII (98) del libro I dello statuto del 1415, emanato
sotto la signoria del magnifico signore Tomaso Chiavelli, Vicario
Apostolico di Fabriano, ed in quello successivo, emanato ventidue anni
dopo, da Francesco Sforza, gonfaloniere della chiesa e signore di
Fabriano, dopo la tragica uccisione di quasi tutti i maschi della
famiglia Chiavelli il 26 Maggio del 1435, all' articolo XI del I
libro, ci sono le direttive per il ritrovamento del corpo di san
Romualdo: " De corpore S. Romualdi deferendo ad terram fabriani".
Incaricato di questa incombenza era il podestà
che, con i quattro priori delle arti, doveva richiedere e
pregare Ermanno, abate del monastero di san Romuado di Valdicastro,
affichè fosse accordato a lui il
permesso di ricercare il corpo del santo anacoreta, dove si pensava
fosse, ed una volta trovato
acconsentisse di trasferirlo a Fabriano nella chiesa di san
Romualdo (attuale chiesa del convento delle cappuccine) appartenente
alla stessa congregazione camaldolese. La rubrica 98 dello statuto
chiavellesco presegue " Et si praedictus potestas neglexerit
adimpere praedicta pro pene et pene nomine L (50) libr. rav. et an. de
suo salario camerario comunis fabriani presolvat..." in poche
parole se il podestà avesse trascurato questa incombenza sarebbe
stato multato di cinquanta libre ravennate e anconetane che gli
venivano prelevate dal suo salario pattuito. Lo statuto del 1437,
cioè lo sforzesco, ripete quasi pedissequamente
quanto scritto in quello chiavellesco, tacendo, però, il nome
dell' abbate, ed aggiungendo invece , per quanto riguarda il luogo
della custodia del corpo di San Romualdo, una volta trasferito a
Fabriano : anche la chiesa di san Biagio che, nel frattempo (1427) era
stata unita al monastero di Valdicastro " aut in ecclesia sancti
blaxij unita nunc monasterio sopradicto...". Stessa multa per il
podestà negligente nella sua incombenza. Tutte le spese necessarie
per questa operazione dovevano essere a carico della comunità di
Fabriano. Quando il
pontefice Eugenio IV pose fine al dominio dello Sforza nelle Marche,
si rese necessario, come era consuetudine fare
ad ogni mutare di signoria o di governo, redigere un nuovo
statuto, o quanto meno, riformare il vecchio. Nel nuovo statuto, del
1450, la rubrica sulla ricerca del corpo di san Romualdo non esiste
più. La mancanza può spiegarsi con il fatto che
visti inutili tutti i tentativi per ritrovare il corpo di san
Romualdo, il comune di Fabriano ed i monaci interessati, abbiano
desistito dall' impresa, oppure si può pensare che le ricerche
abbiano dato il loro frutto coll' individuazione del sito della
sepoltura, senza però accertarsi del contenuto della tomba. Solo nel
1466, l'allora vescovo di Camerino, diocesi alla quale sia Fabriano
che Valdicastro appartenevano, attua la ricognizione canonica delle
ossa del santo anacoreta. Se l' ipotesi sopra detta del ritrovamento
del corpo nel 1450, fosse vera, mi sembra eccessivo il tempo trascorso
tra il ritrovamento e la ricognizione da parte del vescovo di
Camerino, anche per il fatto che c'era una certa curiosità, accesa
dalle ricerche, che il comune di Fabriano fin dal 1415 aveva fatto
fare allo scopo di ritrovare e di trasferire le ossa di san Romualdo a
Fabriano nella chiesa di san Romualdo o in quella di san Biagio. A mio
parere forse il ritrovamento venne celato a bella posta dagli stessi
monaci di Valdicastro, in quanto se fosse stato reso pubblico,
avrebbero rischiato il trasferimento delle ossa.
Lo stesso resoconto, fatto dal Fortunio, sulla
violazione della tomba perpretata dal monaco Bartolomeo e da un
suo complice nottetempo" ... unus ex illis omnium audacissimus
Bartholomeus nomine, sic divina disponente providentia, quomodo se
haberet,tacitus videre velle disposuerit. Is noctis tempore ad
sepulcrum accedens cum quondam complice cuneisque vasta superiori
lapidee per vim elevato, facinoreque delecto die vigesima secunda
Novembris, mirabilia Dei ex illius audacia
eo modo patefacta sunt, sicut ipse venerabilis Michael abbas
his verbis testatum ex sua epistola reliquit." Dunque il sito del
sepolcro si conosceva da tempo, mancava solo che la tomba venisse
scoperchiata per vederne il contenuto.
Il fatto, che il vescovo di Camerino proibisse, pena la
scomunica, l' asportazione di una benchè minima parte delle ossa, ci
fa pensare, che il comune di Fabriano non fosse più interessato a
possedere entro le proprie mura il corpo del santo anacoreta.
L’abate Michele, inviò ai
priori del comune di Serra san Quirico, un' epistola
che annunciava l' evento, come pure venne fatto sapere, anche
ai governanti di Fabriano. Il buon abate con un impeto oratorio
termina l' epistola con " Gaudeat non solum Fabriani tellus,
verum quoque provincia omnis, in cuius gremio nascitur confedere.
Planole et tu Quiriquina tellus, quae talem ac tantum tua juxta
meruisti habere Romualdum sanctissimum..." La lettera porta la
data del 3 dicembre del 1466. Il ritrovamento delle ossa di san
Romualdo venne portato a conoscenza, tramite dei messaggeri anche a
Mariotto generale della congregazione che risiedeva a Camaldoli.
BIBLIOGRAFIA
Statuto
Chiavellesco: rubrica LXXXXVIII libro I
Statuto
Sforzesco: articolo XI del I libro.
Annales
camaldulenses tomo VII appendice
Aurelio
Zonghi: documenti intorno alla traslazione in Fabriano del corpo di san Romualdo Abate.
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