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La ferrovia Ancona - Roma

Definizione del tracciato e sviluppo del territorio interessato

 

 di Sandro Papa

 

- Dove , come , perchè .

 

Negli anni trenta del secolo scorso si afferma gradualmente in Italia una serie di interessi attorno alla ferrovia quale importante e necessaria infrastruttura territoriale. Il dibattito , sulla scorta delle prime concrete esperienze europee, è dapprima svolto dai "gruppi politici e culturali più avanzati"; si allarga poi agli operatori economici, ai governi degli stati pre-unitari, a strati più ampi di popolazione.

Negli anni quaranta sale di tono il dibattito nazionale; si confrontano posizioni nuove sugli aspetti economici, gestionali, territoriali e sociali dell'attivazione delle strade ferrate; entrano in servizio le prime modeste reti ferroviarie, particolarmente in Piemonte ed in Toscana.

 

Nello Stato pontificio, con la nomina di Pio IX (1846) e la notificazione della "Commissione consultiva delle Strade ferrate" (7 novembre) si indicano le linee che il governo considera di principale importanza , e cioè le seguenti :

 

Roma - Foligno - Ancona - Cesena - Bologna

Roma - Civitavecchia

Roma - Ciampino - confine napoletano

Roma - Ciampino - Nettuno

Roma - Foligno - Perugia

Roma - Foligno - Ancona - Cesena - Ravenna

 

Come si può notare , si tratta di una rete di notevole estensione , funzionale non tanto ai collegamenti tra lo Stato Pontificio e gli altri Stati italiani confinanti , quanto alla mobilità interna a tale Stato , e nel disegno della stessa viene posta specifica attenzione al miglioramento degli spostamenti tra le varie province pontifice e Roma .

 

Risulta altresì evidente come , per i motivi sopra citati , il complesso della rete proposta graviti sulla linea Roma - Ancona - Bologna , che di fatto costituisce la spina dorsale del sistema di comunicazioni previsto per lo Stato Pontificio .

 

La realizzazione della linea viene suddivisa in tre tronchi , e cioè :

 

·     Roma - Foligno

·     Foligno - Ancona

·     Ancona - Bologna .

 

Mentre per la prima e la terza tratta non vi furono particolari difficoltà per la definizione del tracciato , ben diversamente andarono le cose per la tratta da Foligno sino ad Ancona .

 

Per tale tratta prese infatti il via un acceso e defatigante dibattito , imperniato sulla realizzazione di due tracciati tra loro alternativi:

·     il primo attraverso la valle dell'Esino, per Sassoferrato e il passo di Scheggia fino a Nocera e Foligno

·     l'altro lungo la valle del Potenza, da Porto Recanati per Recanati, Macerata, San Severino, Pioraco, Nocera e Foligno.

 

Tra il 1846 ed il 1848, dopo una prima scelta governativa a favore del passaggio per la valle del fiume Potenza, si susseguono saggi ed analisi importanti sui numerosi aspetti della questione in un clima di accese e spesso superficiali polemiche municipalistiche .

E’ da notare che sulla scelta del Governo pontificio avevano indubbiamente influito alcuni fattori meritevoli di menzione , e cioè :

·     la possibilità di realizzare un percorso parallelo a quello della statale Ancona - Foligno

·     la possibilità di realizzare una linea che servisse anche Macerata , allora importante capoluogo di provincia

·     la possibilità di servire Ancona con una stazione di transito , anzichè di testa .

 

Il tracciato in esame avrebbe dovuto essere realizzato risalendo da Foligno la Val Topina sino a Nocera Umbra , da cui poi la ferrovia avrebbe raggiunto la vallata del fiume Potenza sottopassando il monte del Poggio con una galleria di 3,2 km . 

 

Fu proprio tale opera , per la sua imponenza , a segnare un diverso destino per il collegamento ferroviario tra Ancona e Roma .

 

Le maggiori gallerie all’epoca realizzate , almeno in Italia , raggiungevano a malapena la lunghezza di 1 km .

 

Da notare che la prima linea italiana di grande comunicazione fù la Torino - Genova , realizzata dal Cavour in soli 3 anni dal 1850 al 1853 in regime di “ legibus soluctium “ .

 

La linea in questione valicava l’Appennino ligure al Passo dei Giovi con la galleria di Busalla che , con una lunghezza di oltre 3,2, km ed una pendenza del 25 %° , fu considerata , a livello italiano ed internazionale , la massima espressione della tecnica ferroviaria dell’epoca .

 

L’impegno di capitali profuso dal Governo Piemontese nella realizzazione di tale ferrovia era peraltro ampiamente giustificato dalla mole dei traffici che si servivano della stessa proveniendo dal porto di Genova , che , all’epoca già movimentava più di seicentomila  tonnellate di merci ogni anno .

 

Per la linea Ancona - Roma la mole dei traffici sarebbe stata , verosimilmente , proporzionata all’attività economica ed ai commerci che caratterizzavano le zone interessate , e quindi prevedibilmente non più di 2 - 3 coppie di treni/giorno .

 

Con tale mole di traffici un impegno di capitali simile , se non superiore , a quello proficuamente messo in campo dal Governo Piemontese per la realizzazione della galleria dei Giovi , era del tutto impensabile , anche in considerazione della diversa forza economica dei due Stati .

 

Diveniva quindi urgente trovare , per il valico dell’Appennino , una soluzione che , salvaguardando l’impostazione complessiva dell’opera , presentasse anche le caratteristiche di una reale fattibilità economica .

 

Fu il Geometra Colbassani , di Fossato di Vico , a trovare una soluzione adeguata al problema del valico appenninico , suggerendo la realizzazione di un tracciato ferroviario che , da Nocera Umbra , correva parallelamente al crinale appenninico , raggiungendo così Fossato di Vico e di quì , praticamente al di sotto del Colle di Fossato , il posto di manovra di Raddoppio Galleria .

 

 Al Raddoppio Galleria veniva realizzato un posto di manovra ed un binario di precedenza  , sito a 3/4 della tratta di valico Fossato di Vico - Fabriano , di 16 km di lunghezza .

 

 

Sempre a Raddoppio Galleria iniziava il traforo di valico , noto come Traforo di Fossato , che in 2 km e con una pendenza del 20%° , raggiunge la vallata del fiume Giano circa 2 km a monte della località Cancelli di Fabriano .   

 

Di lì si raggiunge Fabriano con 10 km di linea avente pendenza del 22%° prima , e del 18%° poi .

 

Da Fabriano si prosegue poi su Albacina , raggiungendo in località Borgo Tufico , l’alta valle Esina , che quindi si risale sino a Matelica , per ricollegarsi a Castelraimondo con il tracciato lungo la Valle del Potenza , già adottato dal Governo Pontificio .

 

Risultano evidenti i vantaggi che il tracciato proposto dal Geometra Colbassani , ed adottato dal Governo Pontificio nel 1853 , presenta .

 

Nel dettaglio essi sono i seguenti :

 

·     impegno di capitali correlato ai traffici prevedibili sulla linea  , e che teneva in dovuta considerazione la limitata capacità di spesa dello Stato Pontificio

·     possibilità di realizzare un percorso parallelo a quello della statale Ancona - Foligno

·     possibilità di realizzare una linea che servisse anche Macerata 

·     possibilità di servire Ancona con una stazione di transito , anzichè di testa .

·     possibilità di servire alcune tra le zone marginali dell’Umbria , come l’alto Chiascio e la marca eugubina

·     possibilità di servire Fabriano , cioè il Comune montano dotato della maggiore attività economica della Provincia di Ancona .

 

Per meglio comprendere la rilevanza di tale attività , è necessario precisare che , già nel 1851 , a Fabriano si contano più di 35 fabbriche, tra le varie di carta , pelli, terraglie, majoliche, cappelli, cremore, nitro, colla cerviona, rame.

 

Del resto è noto come nella città di Fabriano cominciasse a fabbricarsi la carta di lino nel secolo XIII , e come le attuali produzioni non tradiscano l'antica rinomanza, avendo la carta della fabbrica di P. Miiani riportato il premio alla Esposizione di Londra, ed a quella di Parigi dell’anno 1851 , unica in tutta Italia .

 

A Fabriano si importano dall’Umbria per esportarle nelle Romagne ed all’estero lane per 250 mila lire, oltre 20 mila lire di olio.

Si esportano in Ancona legnami di costruzione, carbone, fascine ecc., per un valore di 60 mila lire, e a Roma vini per 75 mila.

 

Nella totalità infine le importazioni ascendono a 635 mila lire e le esportazioni ad un milione .

 

Sulla base del tracciato sopra citato , nel 1853 riprendono sia gli studi sia gli atti di governo necessari per giungere all’appalto dell’opera .

 

Contro tale scelta di tracciato è però netta l’opposizione della Provincia di Ancona , giustamente preoccupata per lo sviluppo della Valle Esina .

 

Quì infatti , a fianco di una fiorente agricoltura , è presente una notevole attività economica , che , nei territori di Jesi e di Chiaravalle si esplica una considerevole coltivazione di tabacco, che viene portato alla fabbrica posta vicino al secondo centro , dove sono impiegati alla lavorazione oltre 500 fra uomini e donne .

La presenza industriale a Jesi  , ancor più consistente di quella di Chiaravalle , è costituita da fabbriche di carta, di cremore di tartaro, di paste, di candele di sevo, di birra, di confetti e rosoli, di saponi.

Ci sono inoltre conce di pelli, magli del rame, sei filande di seta, lavorazioni di canape e di cordami , tessuti di maglie di lana, di tele di canape e di cotone, strettoi per olio di seme di lino, e tintorie.

 

In considerazione della rilevanza delle attività economiche sopra citate , assumono particolare rilevanza gli studi dell'ingegnere Michel, per conto della "Società Cav. Bufarini" di Montemarciano, con i quali si dimostra la superiorità del percorso lungo la valle Esina.

 

Su questa ipotesi sono intavolate trattative infruttuose con il governo pontificio per la realizzazione della linea.

 

Finalmente il 21 maggio 1856, a dieci anni dalla notificazione di Pio IX, viene data in concessione la Roma-Bologna alla società "Casavaldès e compagni", a capitale in gran parte francese, che soltanto due mesi prima ha sottoposto al ministero dei lavori pubblici il proprio progetto.

 

 

Queste le novità: all'articolo 2 del capitolato si legge:

"La strada ferrata muoverà da un punto posto sulla riva destra del Tevere, vicino alla porta Angelica; toccherà Orte, Terni, passerà il colle di Cono; toccherà Fuligno, varcherà l'Appennino al colle di Fossato, si avvicinerà a Fabriano, e si congiungerà seguendo la valle dell'Esino alla linea da Ancona a Bologna".

 

Vengono cosi ufficialmente modificate, ed in sede esecutiva, le precedenti scelte, riaccendendo il dibattito tra marchigiani di "opposte valli".

 

All'inizio del 1857 l'ingegnere Froyer è incaricato dalla società concessionaria della progettazione esecutiva di tutta la linea da Roma al Po e di iniziarne la realizzazione vera e propria, aprendo i primi cantieri.

 

In questa veste egli conferma gli studi del suo collega Michel , sperando di "convincer coloro, i quali fin qui non basarono i loro ragionamenti, se non che sopra visioni e chimere".

 

Nel 1861, quando ormai la maggioranza dei territori dello Stato pontificio sono entrati a far parte del Regno d'Italia, il parlamento nazionale conferma la linea per l'Esino, e da questo momento il dibattito è relativo soprattutto agli aspetti della difendibilità militare della linea scelta, ultimo argomento preso a pretesto dagli oppositori maceratesi.

 

Su questo terreno sì rinnova l'alternanza di accuse, polemiche, proposte, finché nel maggio 1862, quando è ormai in corso il traforo di Fossato, interviene una commissione tecnico-militare, insediata dal ministero dei lavori pubblici, la quale propone "una scorciatoia che dipartendosi da Chiaravalle volgesse a destra per congiungersi alla ferrovia Ancona- Bologna a piè del colle di Falconara", contrariamente al previsto innesto presso Casebruciate, l'attuale Marina di Montemarciano.

 

Per il tracciato lungo il Potenza si indica inoltre, da Fossato, una lunghezza di 102 chilometri, con 3.400 metri di galleria; per quello lungo l'Esino: 73 chilometri, 1.200 metri di galleria ed oltre sette milioni di spesa in meno , equivalenti a 7.000 miliardi di lire attuali .

 

Finalmente, su L 'Italia Militare del 6 dicembre 1862, viene pubblicata la decisione ultima, presa congiuntamente dal ministero della guerra e da quello dei lavori pubblici:

 

1° Che il tracciato definitivo della ferrovia Roma-Ancona sul versante orientale degli Appennini, cioè a partire dalla Galleria di Fossato, debba seguire la direzione già prescritta alla Società Casavaldès per la valle dell'Esino fino a Chiaravalle e ivi attraversare il fiume per recarsi a Castelferretti, d'onde per la valle lunga tenendosi sempre a ridosso della catena di colline che fiancheggiano le spiaggie, si entrerebbe poi in Ancona mediante una galleria di metri 2.500 circa sotto la posizione fortificata di Montagnolo.

 

2° Che tale variante esigendo però nuovi lavori ed accurati studi, ed un tempo considerevole per l'eseguimento dei relativi lavori, si limiterebbe per ora la variante stessa al tratto da Chiaravalle a Castelferretti per indi congiungere questo punto con Falconara sulla strada di Bologna-Ancona mediante un tronco provvisorio.

Per tal modo senza ritardare più oltre l'ultimazione e l'apertura di questa

strada così reclamata dallo interesse del commercio, si tiene aperta la via a sistemare poi definitivamente la strada stessa secondo gli interessi non meno importanti della difesa dello Stato e della sicurezza di una fra le principali Piazze forti del Regno.

 

Tale decisione , se da una parte costituisce un vero e proprio epitaffio per le residue speranze dei residenti in provincia di Macerata , dall’altra ci consegna la linea che oggi noi conosciamo .

 

Evidentemente qualcuno ha sciolto l’ultimo nodo , cioè quello dell’istradamento per la vallata del Potenza , o , in alternativa , per quella dell’Esino .

 

Tale persona è l’Architetto Angelucci , che , posto dal ministero dei lavori pubblici  nel maggio 1862 a capo di una commissione tecnico-militare , nel 1862 presenta al Parlamento del Regno il suo studio avente ad oggetto “Notizie , disamina e conclusione della ferrovia da Fabriano ad Ancona per l’Esino o per il Potenza” in cui si afferma quanto segue: La natura del suolo della Valle Esina, bagnata dal fiume onde prende il nome, è di per sé stessa fertilissima, ed i miglioramenti agricoli vanno prendendo tale incremento da non dubitar 

 

 

punto che, come ora li pareggia, possa da qui a non molto superare i più avanzati vicini. Ed invero i colli e gli alti piani, fra' quali questa si adima, sono ubertosi per tutte sorte di ricolti, e verdeggianti di oppii, di viti, di olivi, di piante da frutta, e di innumerevoli gelsi che alimentano l'industria serica portata qui sino da ora molto innanzi, e crescente ogni di più in grandi proporzioni. La pianura è disseminata pur essa di alberati di ogni genere che la dividono e suddividono co' misurati scomparti in varie guìse .

 

In altre parole l’Angelucci , nel suo scritto , risulta perfettamente cosciente non solo delle caratteristiche del territorio che esamina , ma anche delle potenzialità che allo stesso verrebbero offerte da un sistema di trasporto adeguato e moderno quale all’epoca era il trasporto ferroviario .

 

Tale consapevolezza è di fatto confermata esaminando nel dettaglio le trasformazioni che si producono nella zona tra l’Unità d'Italia ed il 1911, data del primo censimento industriale .

 

All’atto della costituzione del Regno d’Italia , e cioè nel 1.861 , l’area in esame presentava uno sviluppo economico relativamente modesto , ed era comunque ancora a lungo dominata dall'agricoltura, con le parziali eccezioni di Jesi , Chiaravalle e Fabriano.

 

I dati del censimento 1911 sembrerebbero definire una situazione generale notevolmente diversa: si contano infatti 682 unità produttive con 8.179 occupati nell'industria .

 

È ancora Jesi con le sue "industrie che lavorano e utilizzano le fibre tessili", ad emergere nettamente nella valle come maggior polo di attività, sempre seguita da Fabriano e Chiaravalle, assai vicine tra loro per numero di addetti (1.886 e 1.643), ma i comparti principali restano quelli legati al settore primario; scarso il contributo dell'industria siderurgica, chimica, meccanica.

 

Quindi già il puro raffronto numerico tra i dati di fine ottocento e  quelli del 1911 , fornisce indicazioni significative sulle dinamiche di sviluppo che hanno interessato la Val Esina nel periodo in esame .

 

In particolare risulta :

 

incremento occupazione industriale : 3.053 unità pari al   60%

 

incremento unità produttive              :    523 unità pari al 330%

dimensione unità produttive anno 96:     32 lavoratori/unità produttiva

dimensione unità produttive nel 911 :     12 lavoratori/unità produttiva .

 

In tali anni si assiste quindi ad una complessa trasformazione del tessuto

produttivo dell’area , trasformazione che avviene attraverso i seguenti

passaggi principali :

 

·     crescita delle attività produttive gà consolidate

·     consolidamento di unità produttive già attive ma di piccole dimensioni  , tra cui si citano :

    officine meccaniche

    industria molitoria

    industria della calce e del gesso

    industria dei materiali da costruzione e dei laterizi

·     trasformazione in piccole industrie di attività artigianali preesistenti .

 

   Siamo cioè in presenza di un tipo di sviluppo caratterizzato essenzialmente da :

1.  nascita della microindustria

2.  consolidamento delle microattività presistenti

3.  diffusione sul territorio di un tessuto produttivo articolato e diviso in :

  piccola industria

  media industria

  grande industria .

 

E’ quindi particolarmente importante esaminare con attenzione lo stato della Val Esina al 1911 per meglio valutare quali trasformazioni lo sviluppo in atto vi stia apportando .

 

La trasformazione più evidente è quella dovuta ad un ormai robusto radicamento di grandi impianti industriali , collegati in alcuni casi all’infrastruttura ferroviaria .

La situazione , da valle a monte , è la seguente :

 

Falconara Marittima

squadra rialzo FS              - 300 dipendenti

 

Chiaravalle

manifattura tabacchi         - 1000 dipendenti

 

officina meccanica              -     50 dipendenti

 

Jesi 

trattura seta                          - 1000 dipendenti

filatura dei cascami di seta  -  500 dipendenti

fabbrica fiammiferi                -  140 dipendenti

stabilimento bacologico        -   120 dipendenti

officina meccanica                -     50 dipendenti

officina meccanica                -     50 dipendenti

zuccherificio                           -     50 dipendenti

 

Camerata Picena

cartiera                                  -    170 dipendenti

 

Fabriano

cartiera                                 -    1000 dipendenti

deposito locomotive            -      500 dipendenti

officina meccanica               -        50 dipendenti

 

Oltre a quella appena descritta nel campo industriale , va registrata anche un’altra trasformazione di particolare rilevanza , e cioè l’industrializzazione agricola .

 

In questo settore infatti i cambiamenti sono ancor più evidenti che negli altri settori produttivi , e , oltre al consolidamento in tutti i suoi aspetti della tradizionale industria serica , fanno registrare le seguenti innovazioni :

 

·     introduzione della bieticoltura

·     introduzione dell’industria enologica

·     istituzione dei consorzi agrari .

 

E’ quindi evidente che l’economia della Val Esina , al 1911 è di notevole robustezza e modernità , e che la stessa è sorretta e promossa dall’infrastruttura ferroviaria .

 

Ma l’opzione a favore di un tracciato ferroviario che percorra la valle del Potenza si infrange anche sulla sua difendibilità militare , all’epoca molto importante .

 

 

Infatti , se le parti vallive dei due tracciati non presentano da questo punto di vista particolari differenze , ben diversa è la situazione per la pur breve tratta costiera .

 

Infatti , per quqnto riguarda la linea della valle Esina , i 9 km che separano Falconara da Ancona sono sotto la integrale protezione della postazione fortificata di Montagnolo .

 

Viceversa , la linea che raggiunge Ancona dalla valle del Potenza percorre , da Porto Recanati ad Osimo , una tratta di 8 km che , attraversando in prossimità della costa la vallata ove confluiscono i fiumi Aspio e Musone , è di fatto senza difese nei confronti di un’offensiva navale .

 

Anche tale caratteristica del secondo tracciato sarà stato sicuramente valutato dalla commissione presieduta dall’Architetto Angelucci , e pure tale fattore deponeva in favore di una scelta di tracciato attraverso la val Esina .

 

Del resto , per dare un giusto peso al fattore della difendibilità militare dell’opera , basta citare il fatto che già il primo giorno della prima guerra mondiale la flotta austriaca attaccò la linea adriatica a Recanati , cercando di mettere fuori uso il ponte ferroviario sul fume Potenza , mentre una squadriglia di aerei , presso Senigallia , cercava di inutilizzare il ponte sul fiume Misa .

 

Il duplice attacco , fu sventato , per quanto riguarda Recanati , grazie ad un tempestivo intervento delle siluranti di stanza ad Ancona appoggiate dai caccia aventi base nell’aereoporto di Val d’Aspio , mentre nel caso di Senigallia furono gli aerei di stanza a Castelferretti , e cioè a brevissima distanza dal punto attaccato , a respingere oltre Adriatico gli attaccanti .

 

Tale episodio , pur nel suo esito positivo , confermò quanto fossero corrette le previsioni circa la vulnerabilità della linea adriatica , praticamente tutta  a fil di costa .

 

Per la sua difesa venne quindi istituito un servizio di treni armati , che , operativamente facevano capo ad Ancona , e che erano in grado , entro 30 minuti dall’allarme , di portare in qualunque punto degli 800 km della costa italiana una potenza di fuoco equivalente a quella di un incrociatore di

 

 

secoda classe , trasportando di norma 8 cannoni da 120 e 4 da 77 , questi ultimi  a duplice uso antiaereo ed antinave .

 

In definitiva , chiudendo questa digressione relativa agli aspetti della difendibilità militare delle ferrovie italiane , possiamo affermare che il tracciato della linea Ancona - Roma è frutto di una serie successiva di modifiche apportate , tra il 1846 ed il 1856 , al tracciato originariamente scelto dal Governo Pontificio

 

- Un’opera molto complessa .

 

Non era davvero opera di poco conto quella che nel 1857 l’Impresa Casavaldes , con il contributo dell’ingegnere capo Frontera e del direttore della sesta sezione , ing Turchi , si accingeva a realizzare , per collegare a Roma i 204 km della Bologna - Ancona .

 

Si trattava infatti di realizzare , in territorio in larga misura collinare o montano , una linea a semplice binario di 288 km da Roma a Falconara Marittima .

 

Tale linea , con le opere d’arte già predisposte per un futuro raddoppio , si sarebbe congiunta a Falconara Marittima con la ferrovia a doppio binario Bologna - Ancona , realizzando così un’unica linea di 492 km che permetteva in 501 km di collegare Roma ad Ancona ed a Bologna .

 

Va precisato che i chilometri da percorrere erano 501 in quanto la tratta Falconara Marittima - Ancona , di 9 km di lunghezza , andava percorsa prima verso Ancona , e poi verso Bologna , e quindi andava computata due volte .

 

Da notare ancora che già all’epoca Torino era collegata con Bologna da una linea ferroviaria di 335 km , per cui l’ultimazione delle due tratte in esame , avvenuta nel 1866 , avrebbe dato luogo al primo collegamento ferroviario Torino - Roma , lungo un tracciato via Bologna - Ancona , di 836 km di lunghezza totale .

 

Si trattava quindi , con ogni evidenza , di uno dei primissimi itinerari ferroviari intorno ai quali sarebbe potuta avvenire l’unificazione di fatto del neonato Stato unitario .

 

 

 

Non casualmente del resto , contestualmente alla realizzazione della linea principale , si provvedeva anche alla costruzione della diramazione Foligno - Perugia , di 40 km di lunghezza .

 

Pochi mesi dopo l’inaugurazione della Ancona - Roma , e per la precisione il 12 dicembre 1866 , entrava infatti in esercizio la Perugia - Arezzo , che collegava Firenze , dal 1865 nuova capitale del regno , con Roma attraverso un nuovo istradamento via Arezzo , Perugia , Foligno e Terni . 

 

Per meglio comprendere l’importanza dell’opera in esame è opportuno analizzare nel dettaglio il complesso degli impianti di trazione realizzati per la stessa :

 

3 depositi locomotive principali

·     Ancona

·     Foligno

·     Roma

 

2 depositi locomotive secondari

·     Fabriano

·     Terni

 

2 rimesse locomotive

·     Fossato di Vico

·     Spoleto .

 

Un complesso così poderoso di impianti era collegato con il tipo di esercizio previsto per la linea ferrata , e che , dopo il 29 aprile 1866, data in cui la ferrovia  Roma-Falconara entra in funzione, era il seguente :

·     4 treni/giorno Ancona - Foligno

·     4 treni/giorno Perugia - Foligno

·     4 treni/giorno Foligno - Roma

e viceversa .

 

Per garantire il traffico sulle tratte più acclivi , e cioè il Colle di Cono e quello di Fossato , ove la linea , sia pur per brevi tratte , presentava rampe aventi pendeza del 22%° , era necessario assicurare il servizio di spinta , che veniva fornito dal deposito di Fabriano sulla tratta sino a Fossato di Vico , e da quello di Terni sulla tratta sino a Spoleto .

 

A Fossato di Vico ed a Spoleto erano infine predisposti locali atti a ricoverare i mezzi di trazione in attesa di rientrare rispettivamente a Fabriano ed a Terni .

 

La linea in esame ed il complesso di impianti appena descritto viene realizzato mentre il nuovo Stato italiano è assillato dal fabbisogno di capitali necessario per la costruzione della rete nazionale, indispensabile dopo il 1860 quale strumento di unificazione reale della penisola .

 

Tale fabbisogno era stimato in  "circa 1.500 milioni di lire, da distribuirsi in un periodo di meno di dieci anni" per uno Stato che "stentava a raggiungere un'entrata effettiva annuale di 500 milioni" , per cui diventava necessario "ricorrere al capitale privato, allettandolo con la concessione dell'esercizio per un periodo molto lungo, con la garanzia di un interesse sul capitale anticipato durante la costruzione, e di un reddito minimo per ogni chilometro ad esercizio iniziato".

 

La realizzazione della tratta Ancona - Bologna presentava difficoltà molto minori rispetto a quelle della tratta Falnonara Marittima - Roma .

 

I 204 km che separavano i due centri erano infatti quasi integralmente costituiti da terreno pianeggiante , con la sola eccezione del colle di Gradara sopra Pesaro , ove si trovava l’unica breve galleria della tratta .

Anche i vari centri costieri attraversati non presentavano livelli di urbanizzazione incompatibili con gli spazi necessari per la realizzazione di una via ferrata a doppio binario e relativi impianti .

Le uniche reali difficoltà tecniche consistevano nell’attraversamento dei vari corsi d’acqua , distanziati tra di loro mediamente 15 - 20 km , ma aventi portate relativamente modeste .

 

Lo Stato unitario prese quindi in consegna opere ad un punto di avanzamento tale che già il 20 ottobre 1861 il Re Vittorio Emanuele II potè inaugurare la nuova tratta ferroviaria , proveniendo direttamente da Torino .

 

Ancona , che un anno prima , isolata lato terra dal Cialdini e lato mare dal Persano , aveva resistito per 11 giorni agli attacchi dell’esercito e della marina  piemontesi , ora era una delle più importanti piazzeforti del Regno , sede del Dipartimento Marittimo dell’Adriatico , ed ospitava un forte distaccamento della Marina Militare Italiana .

 

 

Da Ancona il Re lanciò un famoso “ Manifesto ai Popoli Meridionali “ , in cui chiedeva lealtà nei confronti del nuovo Stato e prometteva un futuro di sviluppo , che , per l’immediato , si concretizzò nella decisione di prolungare sino a Pescara la ferrovia adriatica .

 

Tale tratta , ultimata a tempi da primato entro il 1863 , per la prima volta varcò l’ex confine borbonico , rappresentato dal fiume Tronto , contribuendo concretamente ad avvicinare le due parti del Paese .

 

Ben diversamente procedevano invece i lavori della Roma - Falconara .

 

Infatti, se il 21 maggio 1856 è stipulata la concessione con l’Impresa diretta dallo spagnolo Casavaldès , e se la durata dei lavori è stabilita in dieci anni, con una garanzia a cottimo da parte del governo di 10 milioni di franchi l'anno, applicabile in relazione all'aprirsi delle tre sezioni: Roma-Foligno, Foligno-Ancona , Ancona-Bologna , in tali tempi non erano certo prevedibili , nè previste le vicende politiche dell’epoca .

 

Analogamente non erano previste le conseguenze che il  malfunzionamento della macchina amministrativa pontificia avrebbe apportato alla data di ultimazione dell’opera .

In merito a tale malfunzionamento , in questa sede , a memoria dei posteri , si ritiene giusto citare un piccolo ma illuminante esempio :

 

“Quanto all'organizzazione "imprenditoriale" della strada ferrata non mancano episodi di guadagni illeciti, realizzati attraverso il sistema dei subappalti.

Si facevano subappalti per tre-quattro volte, si costruiva e si armava con infrazioni al capitolato, e si chiamavano a raccolta turbe di operai aquilani, pagandoli il meno possibile, o non pagandoli qualche volta." Il capitolato imponeva rotaie del peso di trenta chilogrammi almeno per ogni metro lineare e traverse di "buona qualità ed acconce all'offizio a cui sono destinate". E subappaltatori e fornitori, interpretando a modo loro una disposizione contenuta nello stesso capitolato, per cui potevano giovarsi "dei materiali usati nelle opere pubbliche dei luoghi adiacenti alla strada stessa", si lasciarono andare a magagne di ogni genere ed alle più sfacciate frodi nella consegna delle rotaie e delle traverse, si da venirne fuori delle costruzioni, ch'erano un attentato alla vita dei viaggiatori . Appaltatori e fornitori erano legati in intimi rapporti di amicizia ed interesse non solo coi capi del governo, ma con gli amministratori delegati stranieri".

 

In realtà , per chi avesse conosciuto il funzionamento della burocrazia pontificia , gli imprevisti sopra descritti non erano affatto tali .

 

Viceversa sono da considerare un imprevisto a tutti gli effetti gli sviluppi politco - militari della situazione italiana .

 

Il 7 settembre 1860 , cioè quando i cantieri della Ancona - Roma sono aperti ormai da 3 anni , Garibaldi entra da trionfatore a Napoli ed il Regno delle due Sicilie si dissolve .

 

Per evitare la ogni rischio di anarchia derivante da tale dissolvimento il Regno di Sardegna decide l’intervento militare .

 

Il giorno 10 settembre due corpi di spedizione varcano il confine pontificio diretti a sud .

 

Il primo dei due corpi , al comando del Generale Manfredo Fanti , da Arezzo discende la val di Paglia puntando su Orvieto , e quindi la valle del Tevere puntando su Orte .

 

Il suo compito principale è quello di presidiare la frontiera delle province di Viterbo e di Roma , coprendo così il fianco all’avanzata del Cialdini .

 

Il corpo al comando del Generale Cialdini scende veloce da Bologna attraverso le legazioni pontifice prima e la provincia di Pesaro poi , per impegnare nei pressi di Ancona le truppe pontifice comandate dal Generale francese Lamoricière .

 

Lo scontro avviene il 18 settembre presso Castelfidardo , e vede soccombere i pontifici , che si rinchiudono nella piazzaforte di Ancona , apprestandosi ad un assedio forse non breve .

 

Il Cialdini completa l’accerchiamento lato terra di Ancona , che , assediata anche lato mare , il giorno 9 si arrende alla flotta comandata dall’Ammiraglio Persano .

 

La via per Napoli ora è aperta , ed il Cialdini  quindi procede verso sud , varcando il confine con il Regno delle due Sicilie il giorno 13 ottobre .

 

 

Ciò fatto , cinge d’assedio la piazzaforte di Civitella del Tronto , che ancora resiste , e poi , procedendo nella sua avanzata , si dirige verso Gaeta , ove sono asseragliati i resti dell’esercito borbonico , che , stretti d’assedio , resisteranno sino al 13 febbraio 1861 .

 

Il generale Fanti , invece , occupata la provincia di Rieti e presidiato il confine di quella di Frosinone , procede verso sud in Campania , ed il 26 ottobre , a Teano , alla presenza del Re Vittorio Emanuele II , incontra Garibaldi e le sue tuppe , congiungendosi quindi con il Cialdini .

 

L’Italia è ormai uno Stato unitario , e ciò viene sanzionato da una serie di plebesciti che , per l’Umbria e le Marche , si svolgono il 4 e 5 ottobre 1860 .

 

Il nuovo Stato intende completare in fretta la linea sino a Roma , e rinsalda quindi i contatti con l’Impresa costruttrice .

 

Vengono peraltro alla luce le magagne costruttive risalenti alla precedente allegra gestione , e la loro eliminazione richiede un certo tempo .

 

Inoltre va tenuto conto che l’opera è , in sè , di una certa complessità , specie per quanto riguarda la realizzazione della sede nella tratta appenninica , cioè dalla gola della Rossa sino a Nocera Umbra e da Spoleto sino a Terni .

 

Infatti anche se le gallerie di lunghezza rilevante sono solo 3 , per poco meno di 5 km complessivi di lunghezza , per il resto il tracciato corre a mezzacosta od in trincea , con incisioni ripide e spesso profonde della pietra di natura calcarea .

 

La movimentazione di tali materiali , ammontanti ad almeno un milione di metri cubi tra la gola della Rossa e Fossato di Vico , avvenne esclusivamente a forza di mine , i cui fornelli in alcuni casi sono ancora visibili .

 

Ciò spiega i tempi non brevi che risultarono comunque ancora necessari per giungere alla tanto attesa consegna dell’opera . 

 

- Signori , in vettura !  

 

Finalmente , il 20 marzo 1866 , il Sindaco di Fabriano riceve dalle Ferrovie Romane una lettera , a firma dell’Ing. Turchi , con la quale si comunica che , a far data dall’indomani le locomotive avrebbero iniziato il transito sulla tratta da Foligno ad Ancona per le ultime verifiche della stessa .

 

Il giorno 29 infine viene avviato l’esercizio vero e proprio .

 

Non abbiamo atti o documenti specifici in merito a tale evento , ma ancora una volta interessanti informazioni sono ricavabili , da uno degli scritti dell'Angeluccì .

 

Apprendiamo così che la velocità dei convogli oscilla sui 30 km/orari, e ciò vuol dire che non meno di due ore e mezza sono necessarie per percorrere il tratto marchigiano della Ancona-Roma.

 

A questo spazio di tempo bisogna però aggiungere i 15 minuti in media di fermata ad ogni stazione; contandosene otto alla fine del secolo scorso, l'attraversamento trasversale delle Marche per ferrovia occupa uno spazio di oltre quattro ore.

 

In sole sette ore si raggiunge quindi Ancona da Foligno  , a fronte delle due ore attuali .

 

In realtà , delle sette ore citate , solo tre sono di viaggio , mentre ben quattro sono di attesa nelle otto stazioni intermedie .

 

Infatti la marcia dei treni , di composizione relativamente modesta , e cioè tre - quattro vetture ed un bagagliaio , era regolata da una procedura tutta centrata sulla garanzia della sicurezza del convoglio .

 

Ogni treno era condotto di norma da cinque ferrovieri , tutti con compiti diversi tra loro , e cioè :

·     macchinista

·     aiuto - macchinista o fuochista

·     frenatore

·     capotreno

·     addetto alle poste .

 

Ad ogni stazione il capotreno riceveva dal capostazione la lettera di vettura , che lo autorizzava a circolare sino alla successiva stazione , che l’avrebbe ritirata rilasciandone una analoga per la tratta successiva .

 

In questo modo restava traccia scritta del transito di ogni convoglio , di cui responsabile era il dirigente del movimento che ne autorizzava la circolazione , e cioè il capostazione avente competenza sulla singola tratta .

 

Del resto anche l’autorizzazione alla partenza era data direttamente dal capostazione al capotreno , e da questo al macchinista .

 

Tutto ciò era perfettamente logico in assenza di qualsivoglia sistema di segnalamento e blocco .

 

Stazione e territorio : un’epoca di cambiamenti

 

Qual è, intorno al 1860, l'assetto fisico della valle Esina; su quale tipo di distribuzione degli insediamenti, di rapporti tra zone collinari e di fondo valle, su quale rete stradale intervengono la linea ferroviaria Roma-Ancona, i suoi caselli, le frequenti stazioni?

 

La localizzazione geografica dominante dei centri maggiori e dei centri rurali minori è quella tipica degli insediamenti cresciuti e consolidatisi in età medievale; quindi collinari, di poggio, come Castelplanio e Rosora, o di dorsale come Serra San Quirico.

Tranne le note eccezioni, costituite dagli insediamenti importanti di fondo valle (Castelferretti, Chiaravalle, Jesi su una modesta altura isolata), non si annoverano contrade di qualche rilievo ai lati della via Clementina, lungo la pianura alluvionale dell'Esino, via via più stretta ed impervia, man mano che si procede verso la Gola della Rossa.

Oltre alle case coloniche sparse sui terreni pianeggianti, qui si possono indicare gli agglomerati di pochi edifici quali Santa Maria della Moglie, presso l'antica chiesa romanica, le contrade San Nicola e Alle Moja, ai piedi di Castelplanio, Borgo Osteria presso Serra San Quirico, tutte poco distanti dalla riva sinistra dell'Esino, Camponocecchio e Valtreara tra la "Rossa" ed Albacina.

In sintesi, la distribuzione altimetrica della popolazione è nettamente a sfavore dell'insediamento di fondo valle.

 

Esiste inoltre una serie di centri minori, "appodiati" e "annessi", allora caratterizzati come agglomerati rurali senza funzioni amministrative. Questo tipo di insediamento risulta, da alcune cartografie della metà del secolo scorso , più numeroso nelle zone pedemontane della valle che in quelle vicino alla costa, senza dubbio in relazione alle diverse caratteristiche dell'economia rurale ed alla

 

maggiore precarietà, nel primo caso, della dimora isolata. Si ricordano, a titolo esemplificativo: Domo, Rotorscio e Sasso, nel territorio di Serra San Quirico.

 

Le strade statali, le ferrovie e le grandi opere pubbliche post-unitarie mutano l’assetto territoriale .

 

La struttura dell'insediamento si adegua alle nuove vie di comunicazione della costa e dei fondovalle trasversali: le stazioni ferroviarie e gli incroci stradali più importanti costituiscono l'occasione per la formazione di nuovi borghi, che in pratica assorbono lo sviluppo edilizio, interrompendo cosi l'ampliamento dei centri collinari minori, iniziato alla fine del secolo XVIII .

 

Nel caso di Serra San Quirico, è certo che molti sono gli operai lì arrivati dalle zone circostanti per trovare lavoro nella costruzione ferroviaria, determinando con una parte del loro reddito povere attività di servizio, che sorgono presso il successivo Borgo Stazione.

 

In conseguenza di ciò , risulta fortemente incentivata l'attività di estrazione della roccia dalle cave locali, dotate di maestranze qualificate, e vengono distrutte grandi estensioni di querceto per procurare il legname necessario ai lavori.

 

Dall'inizio del nostro secolo risulta in rapido sviluppo il Borgo Stazione di Serra San Quirico.

 

 Si tratta ancora di un agglomerato di relativamente poche case, che si incontrano percorrendo la via Clementina verso la Gola della Rossa ,sorto all'incrocio tra la provinciale e le strade di collegamento con i centri collinari.

 

Tale centro è il "più consistente" tra quelli analoghi lungo la vallata , ed per esso 

 

il principale fattore degli scambi è la stazione sulla ferrovia romana, [...], che dista dal paese poc'oltre un chilometro. Questa stazione sui primi anni d'esercizio della linea ferrata non produce tanto da sopperire al proprio mantenimento, né a quello degli impiegati. Attualmente vi s'incassa in media oltre lire 150 al giorno; e più vi s'incasserà quando saranno ultimate le strade di Arcevia, Montecarotto e Domo, attualmente in costruzione; come pure l'amministrazione della ferrovia romana troverebbe maggior utile se, in luogo di pigliar l'acqua per le locomotive nel costoso sistema

 

della pompa alle stazioni di Castelplanio e d'Albacina, la pigliasse alla stazione nostra, presso la quale l'acqua dal monte naturalmente scende in quantità e qualità singolare [•••] .

 

Intorno alle stazioni ferroviarie situate nel fondo valle sorgono vari centri abitati ,

ma nel caso di Serra San Quirico, abbiamo già visto che molti operai lì arrivati dalle zone circostanti per trovare lavoro nella costruzione ferroviaria , hanno poi deciso di stabilirsi presso il successivo Borgo Stazione.

 

Perchè Serra San Quirico ?

 

Ma perchè proprio a Serra San Quirico ?

Forse in tale località la Val Esina è più bella che altrove ?

Certamente no , anzi qui la valle che , in prossimità di Iesi , l’Angelucci descrissse come verdeggiante di oppii, di viti, di olivi e disseminata di alberati di ogni genere che la dividono e suddividono co' misurati scomparti in varie guìse , si presenta più stretta e più chiusa .

 

Il paesaggio è , nell’insieme , severo , e per quel che riguarda le coltivazioni ,

il grano e la vite caratterizano la zona , risalendo il fianco dei colli sin dove è possibile ricavare un minimo spazio coltivabile .

 

Ma tutto ciò caratterizza anche la parte più bassa della vallata , per cui è del tutto legittimo chiedersi in cosa consista la differenza tra Serra ed il resto della valle .

 

La differenza è consiste nell’esistenza in tale località delle cave di pietra calcarea della Gola della Rossa , il cui fronte di lavorazione è situato a neppure 500 metri dal tracciato della ferrovia , cioè in posizione ideale per il trasporto ferroviario di massi di qualunque dimensione .

 

Ed infatti l’impianto ferroviario di Serra San Quirico dispone di ben 3 distinti piani caricatori :

·     uno per le merci in piccola velocità

·     uno destinato al pietrisco                                - capacità 5 carri

·     uno destinato ai massi di grandi dimensioni - capacità 5 carri .

 

Per comprendere le ragioni di tale scelta bisogna tener conto del fatto che , alla data di entrata in esercizio dell’Ancona - Roma , la linea ferroviaria

 

 

Bologna - Ancona , gestita dalla stessa società , era in funzione da oltre 4 anni e mezzo .

 

I 5 inverni già affrontati avevano dimostrato quanto la scelta effettuata di far correre la linea a fil di costa , ancorchè vincente dal punto di vista dei tempi di realizzazione dell’opera , fosse poi penalizzante dal punto di vista dei costi di  manutenzione della stessa .

 

Il corpo stradale infatti , per quasi tutta la lunghezza della tratta Pesaro - Ancona , era a rischio erosione da parte delle mareggiate , e richiedeva quindi una imponente opera di protezione , cominciando dalle tratte più esposte .

 

Così stando le cose , è del tutto verosimile ipotizzare che la società costruttrice della linea abbia richiesto ad alcuni tra gli operai che più si erano distinti durante l’opera di costruzione , di stabilirsi a Serra San Quirico al fine di garantire anche la manutenzione della Bologna - Ancona .

 

Bastano poche cifre per capire che mole di lavoro fosse necessaria a tal fine .

 

Lungo la tratta sopra citata da Pesaro sino ad Ancona , per circa 60 km , corre una doppia fila di scogliere a protezione della spiaggia e quindi della ferrovia .

 

Ma nel 1866 nulla di tutto ciò vi era .

 

Ipotizzando che i 120 km di scogliera citati siano stati realizzati a tratte di 2 km ogni anno , ciò significa che per realizzarle sono stati necessari 30.000 metri cubi di massi ogni anno , cioè in pratica 100 metri cubi al giorno , pari a 10 carri ferroviari .

 

A questi bisogna aggiungere almeno 5 carri di pietrisco al giorno , pari ad altri 40 metri cubi di roccia .

 

Con tali carri si componeva quotidianamente un treno di cica 500 tonnellate di peso , cioè quanto bastava per giustificare l’assegnazione alla stazione di Serra San Quirico di una macchina a vapore da parte del Deposito Locomotive di Fabriano . 

 

 

Infatti i traffici minuti , in particolare quelli a breve o medio - breve distanza ,  vengono inoltrati in velocità accelerata , e fanno quindi capo ai “ magazzini piccola velocità“ all’epoca presenti in tutti gli impianti ferroviari , e serviti dai cosiddetti “ merci raccoglitori “ .

 

Ma un traffico della rilevanza di quello accertato a Serra San Quirico trova la sua naturale via di istradamento nella ferrovia , data la pratica inesistenza , a tale data , di sistemi alternativi sufficientemente affidabili e per le lunghe distanze e per le grandi di materiali da trasportare .

 

Il ciclo di lavorazione è facile da immaginare .

 

La locomotiva destinata a tale impiego giungeva la mattina presto a Serra , portava al piano caricatore i primi 5 carri vuoti , li riportava carichi sul terzo binario .

Poi portava al piano caricatore altri 5 carri vuoti , che una volta carichi venivano messi in composizione al treno in via di formazione , cui , nel frattempo , erano stati agganciati in coda i vagoni con il pietrisco .

 

Quindi il treno partiva per Ancona , nel cui porto i massi venivano caricati su una chiatta per essere messi in opera ove necessario .

 

Sempre ad Ancona , alla stessa locomotiva veniva agganciato un convoglio di carri vuoti , che venivano portati a Serra San Quirico .

 

 Ciò fatto , la locomotiva procedeva per Fabriano , ove , in nottata , venivano ripristinate le scorte di acqua e di carbone , venivano sostituiti per turno macchinista e fuochista , ed una nuova coppia di personale , il mattino seguente , alla stessa ora , portava il mezzo di trazione ad iniziare una nuova giornata di lavoro presso le cave della Gola della Rossa . 

 

Risulta quindi evidente che Serra San Quirico era al centro di attività che andavano ben al di là del servizio ai centri collinari di Domo, Rotorscio e Sasso.

 

Infatti , alle poche famiglie insediate intorno alla stazione postale , si erano aggiunte quelle dei ferrovieri , quelle dei cavatori e gradualmente quelle di coloro che vivevano delle prime attività di servizio :

 

 

Cominciava insomma a formarsi quel borgo che i primi anni del novecento avrebbero visto ormai in rapido sviluppo .

 Genova , 22/1/2002 , ore 14,15

 


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