Le vie dei pellegrini tra Marche e Umbria
di Federico Uncini
Tratto da “Le vie e la civiltà dei pellegrinaggi
nell’Italia centrale” – Centro Italiano di studi sull’alto
medioevo-Spoleto. Atti del convegno di studio in occasione del XIII
“Premio Internazionale Ascoli Piceno” – Ascoli Piceno 21-22 Maggio 1999
L'invasione longobarda dell'Italia
centrale avvenuta intorno al 570 portò alla occupazione della Tuscia e
della città di Spoleto dove venne costituito un ducato, governato da
Faroaldo I.
La successiva espansione di questo
ducato portò l'avanzata dei Longobardi fino all’Adriatico interessando
le città di Fermo, Ascoli, Camerino e Teramo.
Durante l'occupazione vennero meno
al sistema viario esistente il supporto dei manufatti e delle strutture
tipiche dell'organizzazione stradale romana, legata alla posta (cursus
publicus), cioè la cura delle costruzioni e dei ponti che determinarono
una discontinua viabilità dei percorsi. Le direttrici cambiarono da
Roma verso i centri di potere collocati nel nord Europa. L'asse
principale divenne Roma-Pavia, cioè la via Francigena che conduceva
Oltralpe in territorio Franco.
Nel IV secolo, dopo l’editto di
Costantino, iniziò la pratica delle devozioni cristiane, consistenti nel
recarsi presso un santuario o in un altro luogo sacro, per compiere atti
religiosi a scopo votivo e penitenziale.
La meta principale era la Terra
Santa (Santo Sepolcro, Santuario della Croce Martirium, Casa della
Natività a Betlemme, Casa di Lazzaro, Monte degli Ulivi ecc.).
Nel V secolo cominciarono,
intensificandosi poi, i pellegrinaggi a Roma, specie per pregare nelle
tombe degli apostoli Pietro e Paolo e su quelle dei Martiri.
Essi vennero resi periodici,
successivamente, da Bonifacio VIII nel 1300 con l'istituzione dell'Anno
Santo.
Fra i grandi pellegrinaggi è da
ricordare anche il flusso dei Britannici riferitoci da Beda nel 716 e
degli Slavi nel 950 che vennero a Roma per visitare anche le tombe dei
loro predicatori e martiri Metodio e Cirillo.
Il maggiore flusso verso la
capitale avvenne nel XIII quando fallito il tentativo di conquistare la
Terra Santa occupata dagli infedeli, Roma divenne il centro spirituale
della cristianità.
Il sistema viario medioevale
cambiò buona parte quello romano. Le strade consolari non più curate a
seguito delle invasioni barbariche erano quasi impraticabili e
malsicure.
Le distanze da percorrere erano
relativamente brevi ed era importante, soprattutto per la sicurezza,
toccare i castelli o gli abitati appartenenti allo stesso feudatario o
vescovo.
Le vie divennero più tortuose,
percorse sulle alture e ciò era dovuto soprattutto al riferimento di
divisioni tra diocesi feudi, contee e comuni.
Lungo le stesse o nelle vicinanze
delle “statio”, vennero costruite pievi ed abbazie con i
rispettivi ospedali che avevano anche la funzione di soccorrere ed
ospitare i pellegrini.
Questi nel medioevo, provenienti
dal nord est dell'Europa, dalle regioni del Danubio, dall'Istria e dalla
Romania, attraverso le vie Postumia, Arnia, Gemina e Julia Augusta,
raggiungevano l'Italia ad Aquileia.
Da qui, percorrendo la via Popilia
o la Romea, scendevano verso Venezia, Ferrara, Ravenna e Rimini (via
citata come strada “sablonaria”(1) presso Classe e “via pubblica” nei
regesti di S. Apollinare Nova(2).
I pellegrini diretti verso i
santuari di Loreto, di Assisi, di S. Michele Arcangelo e di S. Maria di
Pulsano nel Gargano o ai porti di Brindisi ed Otranto, per imbarcarsi
verso la Palestina, utilizzavano le vie Litoranee.Una di queste è citata
dall’Anonimo Ravennate(3).
Riguarda un tracciato che in parte
si sovrapponeva alla Flaminia passando per Rimini, Pesaro, Senigallia,
Ancona, Potenza Picena, Fermo, Porto d'Ascoli.
Un secondo tracciato che
attraversava le Marche longitudinalmente, già esistente in epoca romana,
proveniva da Ancona e si dirigeva verso Osimo, Macerata, Urbisaglia,
Falerone, Ascoli, Porto d'Ascoli per proseguire verso Brindisi(4).
Durante il medioevo, i pellegrini
per raggiungere Roma utilizzavano i diversi percorsi che seguivano
l'antica viabilità lungo le valli fluviali appenniniche.
IL MONTEFELTRO E LA VALLE
DEL CESANO
A nord, un itinerario importante
tra Rimini ed Arezzo, via Montefeltro, definito nelle carte medioevali
“iter Tiberinum”, scavalcava l'Appennino sul passo Viamaggio, situato
tra la valle del Marecchia e del Tevere(5).
Questo fu percorso da Ottone I nel
962, proveniente da Rimini e diretto all'assedio di S. Leo(6). La via
citata nel 1371 come “strata qua iter versus Tusciam”(7), attraversava i
castelli di Pietracuta, Maio Montebello e Talamello.
Un documento basso medioevale'
menziona la Rocca di S. Marino che si ergeva “super stratam qua iter
Urbinum et qua iter de Montefeltro Ariminum”(8).
Una “Stratam Francigenam qua iter
in Marchiam”, riportata nei documenti del 1500, passava a Cattolica e
collegava appunto la Romagna con le Marche.
Probabilmente era di collegamento
con la Toscana, attraverso il Montefeltro o l'Urbinate ed era
frequentata dai pellegrini diretti a Roma e a Loreto(9).
Punti di raccordo delle vie
provenienti dalle valli del Conca, Marecchia e Foglia, indirizzate verso
Arezzo e Firenze, erano Bibbiena, S. Sepolcro e Città di Castello.
Queste strade accedevano in Umbria
attraverso i passi di Viamaggio (983 mslm), Bocca Trabaria (1049 mslm) e
Bocca Seriola (730 mslm).
I principali riferimenti dei
viandanti in questa area delle Marche erano l'abbazia di Montereale a
Pennabilli, del Mutino a Lunano, di S. Michele a Lamoli, di S.
Cristoforo del Ponte a Urbania, di S. Vincenzo al Furlo, di S. Maria di
Naro a Piobbico, di S. Pietro in Massa, di S. Tommaso d'Apsella, di S.
Martino e di S. Stefano a Fano, di S. Ippolito a Fossombrone ecc.
L'anonimo Ravennate e Guidone(10)
descrivono un tragitto tra la Romagna e il nord delle Marche che si
distaccava da Cesena e attraversava Sarsina, il Montefeltro, Urbino e
Fossombrone dove si raccordava con la via Flaminia.
Un'altra strada trasversale molto
antica si distaccava da Rimini e attraverso Coriano, Mortefiore,
Tavolato, Schieti, Urbino, Fermignano, raggiungeva Acqualagna.
Questi due percorsi venivano
utilizzati quando la gola del Furlo era inagibile e malsicura. Anche la
viabilità della valle del Metauro, concentrata nella Flaminia e sulle
vie parallele che attraversavano le alture circostanti (S.Angelo in
Ferriano-Monte Maggiore-S. Ippolito e Serrungarina), era condizionata
dalla gola del Furlo che spesso veniva evitata, attraversando le
località di Calmazzo,Fermignano e Acqualagna o la valle del Tarugo da
dove si indirizzavano le strade verso Pergola , Suasa (S.
Ippolito-Isola di Fano-Montalto-Cartoceto-S. Biagio-abbazia di S. Maria
di Lastreto) e Acqualagna. Nei pressi di S. Lazzaro di Fossombrone un
diverticelo della Flaminia Metauro sul ponte di Diocleziano e
proseguiva per l'odierne località di Bellaguardia, S. Martino dei Muri,
Calamello, Torricella, Tarugo, Montemartello, Smirra(11).
Le molteplici abbazie benedettine
presenti nelle valli del Cesano, Misa ed Esino, che avevano riferimento
nel monasteri di S. Apollinare e S. Severo di Classe, Fonte Avellana,
Camaldoli, Farfa e Nonantola, confermano la consolidata presenza dei
monaci m questa zona delle Marche che sin dall'alto medioevo hanno dato
un grande sviluppo economico e favorito il passaggio dei pellegrini
diretti verso Roma.
Lungo l'antico diverticelo della
Flaminia “Ab Helvillum - Anconam” che attraversava la valle del Cesano,
si trovavano le abbazie di S. Gervasio dei Bulgari, costruita nei pressi
della statio di Pirum (12) (o Pirum Filumeni-Mondolfo), S. Ippolito, S.
Lorenzo, la pieve di S. Vito, l'ospedale di S. Maria del Ponte Cinisco a
Pergola (13), la pieve di S. Savino e l'abbazia di S. Geronzio a Cagli.
Nella Protoflaminia(14) che collegava Senigallia a Sassoferrato e
Camerino, passante sulla riva destra del Cesano, erano presenti le
Abbazie di S. Paterniano in Mampula e di S. Maria in Portuno (Madonna
del Piano).
Nelle vicinanze delle rovine dei
municipio romano di Suasa, una deviazione attraversava la valle del
Nevola (Montesecco, Rotondo, Monterosso), raggiungeva Serra S. Abbondio,
l'abbazia di S. Croce d'Avellana(15), Frontone e Cagli.
LE VALLI DEL MISA E DELL'ESINO
La valle del Misa anticamente era
percorsa da un altro ramo della Protoflaminia che da Senigallia si
inoltrava nell'entroterra passando per Ostra, Arcevia e Sassoferrato.
Anche lungo questo percorso i
pellegrini potevano beneficiare dell'ospitalità dell'abbazie di S.
Gaudenzio e di S. Maria della Piana, delle pievi di S. Angelo, di S.
Giovanni di Filetto, di S. Lorenzo di Casine, di S. Ippolito di
Vaccarile, delle Cave e dei Colle di Arcevia, degli ospedali di S.
Lazzaro a Senigallia, della Concezione e di S. Carlo ad Arcevia (16).
Da, questa località le vie
principali si indirizzavano verso nord-ovest per S. Croce
d'Avellana-Cagli; a sud-ovest per la valle del Sentino-Scheggia dove si
incontravano l'abbazia di S. Croce di Tripozzo, l'ospedale di S. Rocco,
l'ospedale di S. Lucia in Rosella(17)," l'abbazia di S. Emiliano in
Congiuntoli e l'ospedale dei S.S. Giacomo e Filippo.
Nella bassa valle Esina, nei
pressi di Chiaravalle, dove sorge l'abbazia di S. Maria in Castagnola,
confluivano le vie provenienti da Fano,da Ancona e dall'antica statio di
Aesim situata sulla foce dell'Esino (Rocca Priora) ove esisteva
l'ospedale di S. Leonardo (già nel 1117)(18).
Lungo il tratto Jesi, Serra S.
Quirico , si incontravano le abbazie benedettine di S. Lorenzo presso
l'Esino, S. Croce e S. Savino (Jesi), S. Maria del Piano (Pianello), S.
Maria delle Moje, S. Apollinare, S. Elena ecc.
A Jesi vi erano diversi ospedali
tra cui quelli di S. Lucia, S. Antonio, S. Giovanni (già nel 1084) in
Terra Vecchia (che ospitò Federico II), S. Giacomo e Filippo in borgo S.
Floriano e l'ospedale del Ponte Esino che era situato fuori la Porta
Valle a sud della città(19).
L'accesso all'alto Esino avveniva
percorrendo la Gola della Rossa, quando questa si rendeva impraticabile,
deviava dalla pieve di Serra S.Quirico attraverso un percorso che saliva
la valle Faedo e scendeva a Pierosara(20).
Superate le montagne della
“Rossa”, si arrivava all'abbazia benedettina di S. Vittore delle Chiuse
(XI sec.) da dove dipartivano le strade dirette alla gola di Frasassi,
all'alta valle del Sentino e dell'Esino.
La via Esina, proseguiva in
direzione di Camerino, incontrando l'ospedale di S. Lazzaro(21), la
pieve di S. Maria d'Albacina(22), l'ospedale della S. S. Trinità a
Cerreto (1330)(23), poi raggiungeva Matelica dove erano presenti gli
ospedali di S. Sollecito e di S. Rocco(24).
Qui esistevano due importanti
diramazione una per Esanatoglia-abbazia di S. Angelo infra
ostia-Campodonico-Salmaregia-Nocera(25).
L'altra si innoltrava verso
Castelraimondo da dove si poteva proseguire o per Camerino, incontrando
gli ospedali di Torre del Parco dell'ordine dei Crociferi e di S.
Bartolomeo in Rotabella (già nel 1290) sul fiume Potenza(26), dei
Poveri e di S. Maria della Pietà a Castelraimondo(27), dei “filiorum
Supponis” a Camerino (già nel 1154)(28), oppure verso Pioraco attraverso
la consolare per Nocera.
LE VALLI DEL GIANO E DEL
SENTINO
La valle del Giano, situata nel
territorio Fabrianese, era attraversata dalla Protoflaminia che toccava
Camerino-Matelica-Fabriano-Sassoferrato.
Senz'altro fu utilizzata nel
Medioevo come pedemontana.
Lo confermano diversi documenti e
la presenza, lungo il tracciato, delle pievi paleocristiane di S.
Giovanni di Attiggio(29), di S. Maria di Civita (frequentata più volte
da S. Francesco), di S. Maria di Flexia e di S. Maria di Ceppete(30).
Fabriano era un importante nodo
viario dell'entroterra; aveva almeno dieci ospedali di cui quattro erano
collocati nei pressi delle rispettive porte: S. Antonio (gestito anche
dai cavalieri del Tau), S. Cristoforo (benedettino), S. Maria Maddalena
(ordine del S. Spirito) e dei Muccioli (patronale)(31).
L'accesso da questa località alla
Flaminia avveniva attraverso i valichi di Fossato, Valmare, Croce
d'Appennino (antico diverticelo romano Helvillum-Anconam) e di
Chiaromonte(32).
Un'altra antica via romana
tracciata ad est degli Appennini fungeva da arteria per lo svolgimento
dei traffici confluenti dalla valle del Metauro a quella del Potenza.
Tale strada si snodava nei pressi
dell'antica Sentinum (area di confluenza delle vie provenienti da Fonte
Avellana, Pergola, Suasa, Arcevia e Genga) e si dirigeva verso le
località di S. Cassiano, Campodiegoli, Cancelli, Campodonico,
Salmaregia, Casaluna (Dubios), dove si raccordava alla consolare “Nocera
per Ancona”( 33)
Ognuno di questi paesi o castelli
collocati sul tracciato della pedemontana era interessato dalle vie
provenienti dalla costa adriatica.
Nelle loro vicinanze, in
prossimità dei valichi erano sorte diverse abbazie e ospedali presso cui
i, pellegrini potevano trovare assistenza durante il tragitto (34)
Nell'alta valle del Sentino si
trovavano il già citato ospedale di S.Lucia di Rosella (1370) e
l’abbazia di S. Emiliano e, a Valbagnola, l’abbazia di S. Cassiano.
A Campodiegoli confluivano le vie
provenienti da Fabriano. Attraverso la valle del Riobono (35),
risalivano il passo Croce d'Appennino(36) ove esistevano l'ospedale di
S. Lorenzo(37) e l'abbazia benedettina di S. Maria (38), per poi
raggiungere Fossato di Vico.
A Cancelli pervenivano le strade
dell'alta valle del Giano che superavano la catena montuosa sul Valico
di Fossato o di Valmare(39).
In quei pressi era stata costruita
nel XII secolo l’Abbazia di S. Maria, seconda sede, e l'ospedale della
Rocca d'Appennino(40).
Nelle vicinanze di Campodonico
sorgeva l’abbazia di S. Biagio in Caprile con il relativo ospedale (41)
che era un punto di riferimento per chi proveniva da Esanatoglia,
Attiggio e Gualdo attraverso il trivio di Lentino ed i passi di
Serrasanta e Valsorda(42).
Nell'ultimo tratto, la pedemontana
incontrava i castelli di Salmaregia e di Orve dove i viandanti trovano
accoglienza negli ospedali della pieve di S. Maria di Dubios e delle
Chiuse(43).
Proseguendo poi per la consolare
romana si poteva superare il passo di Saramonte(44) (Chiesa
abbaziale, di S. Croce), la Valle Feggio (ospedale di S. Lucia di Capo
d'Arco) (45) e raggiungere Nocera.
In alternativa venivano utilizzati
i passi degli Scannelli(46), del Termine, di Carosina e del
Cornello(47).
LE VALLI DEL POTENZA E DEL
CHIENTI
La valle del Potenza percorsa
dalla consolare “Nuceria-Anconam ad Picenum” era molto frequentata
specialmente nel periodo longobardo, per i collegamenti con Camerino,
Pierosara e Fermo.
Lungo il fiume Potenza esistevano
le abbazie di S. Maria del Ponte, di S. Firmano (Montelupone), di S.
Maria in Selva, di S. Maria di Rambona, di S. Lorenzo in Doliolo, di S.
Eustachio in Domora, di S.Clemente e diversi ospedali (S. Paolo al
Ponte, S. Rocco ecc.)(48).
La valle del Chienti era
attraversata da una strada che nei documenti del XI secolo è detta “via
antiqua que venit a mare” (49). Era collegata con una
trasversale che transitava vicino alla costa adriatica, definita in un
documento del 1180 “via et strata que vadit iusta fitus ma-rís”,
passante per la valle del Musone, Loreto e S. Nicola dell'Aspio e
ricalcante l'itinerario medioevale di Ancona, Numana, “Potenzia”, Porto
Potenza Picena(50).
Anche in questa valle come nelle
altre, i pellegrini potevano contare sulle numerose abbazie (S. Croce,
S. Maria a Pie del Chienti, S. Claudio, S. Paolo, ecc. ) e su diverse
pievi ed ospedali.
Una grande importanza aveva
l'abbazia cistercense di S. Maria di Chiaravalle di Fiastra situata sul
tratto della via romana Helvia Ricina-Urbs Salvia(51).
La strada principale che
attraversava questa valle, poteva raggiungere l’Umbria attraverso il
passo di Colfiorito.
LA VIA
LAURETANA
Una strada denominata Lauretana,
molto transitata nei secoli Cinque e Seicento, fu detta: Via Consolare,
Via Regia o Regale, Via Flaminia, Strada Postale, Via di Romagna, Via di
Lombardia, e più frequentemente, Via Romana perché partiva dalla
Capitale.
La Lauretana all'inizio si
identificava con la Via Flaminia che, partendo da Roma e uscendo dall’
Urbe, giungeva a Civita Castellana, Narni, Spoleto e Foligno. Da
questo punto, mentre la Flaminia proseguiva verso il nord, fimo a
Rimini, iniziava la Lauretana propriamente detta, la quale si dirigeva
verso gli Appennini umbro-marchigiani, valicandoli all'altezza del Passo
di Colfiorito per giungere, attraverso varie tappe, a Loreto.
Un'indicazione particolareggiata
delle varie tappe da Loreto a Roma (e viceversa) si legge nel libro di
Guglielmo Molo, intitolato: Viaggio spirituale per visitare la
Santissima Casa di Loreto et i Santi Corpi de i gloriosi Apostoli Pietro
e Paolo, Pavia 1613. L'itinerario contemplava un viaggio da Milano a
Loreto e di qui a Roma. Per ogni tappa l'autore indicava la distanza in
miglia e suggeriva, in proporzione alla lunghezza del cammino da una
tappa all'altra, la recita di un dato numero di Pater noster. Le tappe
da Loreto a Roma erano:
"da Loreto a Recanati, da Recanati
a Macerata, da Macerata a Tolentino, da Tolentino a Valcimarra, da
Valcimarra alla Polverina, dalla Polverina alla Muccia, dalla Muccia a
Ser(r)avalle, da Ser(r)avalle a Verchiano, da Verchiano a Camara, da
Camara al Passo, dal Passo a Spoleto, da Spoleto a Val Stretura, da Val
Stretura a Terni, da Terni a Narni, da Narni a Otricoli, da Otricoli al
Tevere et qui si imbarca per spazio di un miglio fino a Borghetto; da
Borghetto a Civita Castellana, da Civita Castellana a Rignano, da
Rignano a Castel Novo, da Castel Novo a Prima Porta, da Prima Porta a
Roma".
Questa strada era una
delle principali dell'antico stato pontificio, almeno fino ai secoli
XVII-XVIII, forse seconda solo a quella che congiungeva Roma a Bologna,
via Firenze, da considerarsi, secondo il Romani, la più importante in
riferimento ai traffici (Pellegrini e viaggiatori nell'economia di Roma
del sec. XIV-XVII, Milano 1948, p. 2); non però in riferimento al
movimento peregrinatorio, almeno a partire dalla fine del secolo XV fino
a tutto il secolo XVIII, quando la sopravanzò la Via Romana-Lauretana.
Si tenga presente, poi che Ancona
con il suo fiorente porto, il principale dello stato pontificio, aperto
all'Oriente, favoriva non solo il movimento delle merci, ma anche quello
dei pellegrini diretti verso Roma, attraverso la vicina Loreto. Molti
di essi, infatti, arrivavano ad Ancona via mare e di qui si portavano a
Loreto ' oppure, tornando da Roma e da Loreto, vi si imbarcavano per le
varie destinazioni. La Via Romana-Lauretana era, infine, il percorso
principale per il trasporto del frumento che dalle Marche, granaio dello
stato pontificio, affluiva a Roma. Nel 1586, per disposizione di Sisto
V, sulla Via Romana - Lauretana fu istituito anche un regolare servizio
di posta da Roma per Ancona e Bologna. La disposizione recita così:
<<Il Papa stabilisce che per
l'avvenire la posta di Sua Santità si spedisca ogni settimana con un
'procaccio' a Bologna per la via di Loreto et Ancona et il simile si
faccia da Bologna a Roma [ ... 1 Dovrà fare anche compagnia ai viandanti
[= pellegrini] che fanno quel viaggio e così potranno sentirsi più
sicuri>>.
Il servizio postale continuò fino
a quando Pio VI (1775-1799) dispose che i conieri riprendessero l'antica
strada del Furlo, cioè quella che da Roma portava a Foligno e, valicata
la Scheggia, usciva a Fano e proseguiva per Rimini e Bologna.
Nei secoli XVI-XVIII, dunque, la
Via Romana - Lauretana risultava la più sicura perché frequentata
continuamente da pellegrini, costeggiata da abitati e da ospizi per
viandanti. Divenne nei secoli XVI e XVII l'unica strada carrozzabile
dell'intero stato pontificio, per cui finì per essere la via più normale
di comunicazione tra Roma, l'Emilia Romagna e la Lombardia.. Questo
spiega perché Porta Romana di Loreto. dove essa si immetteva per
giungere al santuario, fu denominata un tempo anche Porta di Lombardia.
Scriveva Orazio Torsellini, nella
sua famosa opera Lauretanae Historiae Libri Quinque (Roma 1597), che in
vista dell'Anno Santo del 1575 il governatore della Marca, per ordine di
Gregorio XIII :
<<spianò le principali vie, per
cui son'elle, infin sulla cima dell'Appennino, così ampie che,
incontrandosi le carrozze non urtano insieme, né si offendono. In cotal
modo questo gran papa operò sì (cosa che se noi co' propri occhi non
vedessimo, niun vi sarebbe chi la credesse) che da Roma andar si può in
cocchio et in carrozza per l'Appennino non solamente ne la Marca, ma
eziando ne la Romagna, ne la Lombardia, ne la stessa Alemagna et in
Polonia>>.
L'importanza di questa strada era
data in primo luogo dal fatto che essa univa due città sante: Roma e
Loreto, l'una custode della tomba di S. Pietro e l'altra della Casa
nazaretana di Malia Vergine. Siccome essa con una breve deviazione
permetteva di toccare anche i santuari di S. Nicola a Tolentino e di S.
Francesco ad Assisi, era detta anche Via dei Santuari. è vero che gli
antichi itinerari lauretani in genere non comprendono nelle loro tappe
Assisi, ma è quanto mai verosimile che i pellegrini da Foligno vi
facessero spesso una devota sosta.Lo stato pontificio ha curato con
particolare impegno la manutenzione di questa importante arteria
peregrinatoria, compresi i ponti. Essa, fin dal secolo XV, era percorsa
anche dai papi diretti nell'Emilia Romagna, con abituale e devota sosta
a Loreto: Giulio II nel 15 1 0, Clemente VIII nel 1529 e nel 1532, Paolo
III nel 1539, 1541 e 1543, Clemente VIII nel 1598 e Pio VI nel 1782. E
per citare un personaggio di trista fama, si può ricordare che anche il
marchese De Sade, nel suo viaggio da Roma a Loreto del 1776, fece questo
percorso, con sosta, fra l'altro, a Valcimarra, dove pranzò, e a
Macerata.Un aspetto singolare di questa via era la rete assistenziale
per i pellegrini e i viandanti in genere, costituita di ospizi, locande
e ospedali, gestiti talvolta da ordini religiosi e da confraternite.
Lungo la Via Lauretana propriamente detta, nel territorio di Camerino,
ad esempio, presso Belforte del Chienti, esisteva il convento-ospedale
di Valloncello, fondato per accogliere lebbrosi, malati e pellegrini e
passato, alla fine del secolo XVI, in commenda ai cavalieri dei SS.
Maurizio e Lazzaro. Proprio per i pellegrini i frati clareni
costruirono un loro convento sul valico di Colfiorito. Vi che la strada
di Jesi:
<<con più celerità fosse
aggiustata per comodo dei viandanti che tutto il giorno per essa passano
per andare a visitare la S. Casa di Loreto ; per questa passano genti
dall'Umbria, dalla montagna, da Jesi, nonché da Filottrano, Osimo et
altri luoghi>>.
Spesso questa deviazione era
scelta dai pellegrini, soprattutto diretti verso il nord, quando il
tratto di strada da Ancona a Loreto e viceversa, per la difficoltà di
guado del fiume Musone e di alcuni fossi, risultava impraticabile. Ciò
si evince anche da un documento del 1675, dove si legge che molti
pellegrini sono costretti a <<prendere altro cammino [quello di Jesi] di
questo e conduce a Loreto per venire a Roma>>. Per Jesi passò S. Carlo
Borromeo nel 1579, proveniente da Fossombrone e diretto al santuario di
Loreto.
Il tracciato di questa strada
abitualmente era il seguente: Loreto, Castelfidardo, Jesi, S. Severino
Marche, Castelraimondo, Matelica, Fabriano, Sassoferrato, fino a
raggiungere la Via Flaminia. Secondo il Feliciangeli, questo itinerario
fu seguito da Isabella d'Este-Gonzaga, quando, nel 1494, da Loreto
ritornava sostarono Nicolò
V nel 1449 e Pio II nel 1464,
diretti a Loreto. Il cappuccino p. Alberto D'Antonio, nella sua tesi di
laurea (Il movimento peregrinatorio verso Loreto nel XVI-XVII secolo: il
concorso, le vie, il servizio ospitaliero, Università di Macerata, anno
accademico 1970), ha effettuato una prima ricognizione dei vari luoghi
disseminati lungo la Via Lauretana e destinati all'accoglienza dei
pellegrini diretti da Loreto a Roma e viceversa.
Il nome di Strada Lauretana è
conservato ancora oggi nel tratto della Statale 77 o "Valdichienti",
come segnalano apposite scritte dopo Foligno.
Anche se la Via Lauretana
era di gran lunga la più frequentata dai pellegrini da Loreto a Roma e
viceversa, non era però l'unica. Due diversi itinerari vanno tenuti
nella dovuta considerazione: la Via di Jesi e la Via di Visso o di
Macereto.
La via di Jesi era questa battuta
soprattutto da pellegrini provenienti dall'Umbria settentrionale e dai
paesi dell'entroterra delle Marche diretti alla Santa Casa. Diversi
documenti, segnalati da p. Alberto D'Antonio nella citata tesi di
laurea, lo confermano; una disposizione del governatore della Marca del
25 giugno 1700 sollecitava verso Mantova.
Poteva darsi il caso però che
alcuni pellegrini, salendo verso Camerino o per Pioraco aggiungessero la
classica Via Lauretana che passava per Colfiorito e giungeva a Roma.
Per Pioraco passò nel 1538 il
famoso pellegrino Bartolomeo Fontana, autore del noto Itinerario ovvero
viaggio da Venezia a Roma con tutte le città, terre fedelmente
descritto, Venezia 1550. Il Fontana, che si portava a S. Giacomo di
Compostela, via Loreto, fece questo tragitto: Recanati, S. Martino,
Montecassiano, Castelpignano, Montecchio (oggi Treia), S. Severino
Marche, Castelraimondo, Pioraco, Nocera, Assisi e... Roma .
Qualche volta i pellegrini
preferivano fare brevi deviazioni per visitare città famose lungo il
percorso della Via Lauretana, come quando salivano alla città
ducale di Camerino o dalla Muccia o dalla strada di Collelungo,
attraverso Morro. Nel 1651, ad esempio, sostò a Camerino la regina
Cristina di Svezia, la quale, attraverso Trento, Mantova, Ferrara e la
Via Romea, aveva visitato Loreto e si dirigeva alla volta di
Roma.
Così pure si potevano avere
itinerari alternativi per e da Macerata - Loreto. Si trattava, ad ogni
modo, di deviazioni di poco conto.
Un importante innesto stradale
sulla Via Lauretana era quello che, prima della Muccia, imboccava la
strada che conduceva al santuario mariano di Macereto presso Visso, dove
i pellegrini potevano pernottare . La strada proseguiva per il vicino
centro di Visso e, lungo la Valnerina, sfociava a Temi, dove si
ricongiungeva con la Via Romana-Lauretana(52).
COLLEGAMENTI CON LA VIA
FRANCIGENA
Diverse vie medievali delle Marche
venivano utilizzate per i collegamenti tra la via Francigena Toscana ed
i ducati di Benevento e Spoleto.
Il percorso più importante che
proveniva dai monti della Laga, dal Gran Sasso e dalle conche
dell'Aquila, Sulmona, Isernia, Vinchiaturo, Caserta, Avellino e
Benevento, si raccordava con la Salaria nei pressi di Arquata del Tronto
(nodo stradale di vie che interessavano) le valli del Tronto, Tennino,
Aso e Tenna, dirette a Forca di Presta(Gualdo-Visso-Triponzo) e al passo
delle Forche Canapine-Norcia)(53).
Da Arquata saliva per il valico di
Gafluccio, fiancheggiava il monte Vettore, toccava S. Lorenzo in
Vallegrascia, Montemonaco, Montefortino, Amandola, Garulla, piano della
Caldarola e della Pieca e raggiungeva il fiume Fiastrone(54).
Dall'area di Caccamo la via poteva
ripiegare per valicare l’Appannino, verso Serrapetrona-S.
Severino-Pioraco-Nocera(55)
Tali percorsi nei documenti del
XIV e XV secolo venivano chiamati “vie Francische”(56).
Da Caccamo era anche possibile
risalire la valle del Chienti, valicare a Colfiorito (via Muccia) per
innestarsi presso Foligno con la Francisca che veniva da Assisi(57).
Da Valcimara (località situata nei
pressi di Caccamo) un altro ramo saliva per Camerino, Matelica
,Fabriano, Fossato di Vico e si dirigeva verso la Toscana via Poggio
S.Ercolano, Coccorano, Civitella d'Arno, Perugia, Chiusi, S.Quirico d'
Orcia (58).
In quest'ultima località nel
periodo medievale facevano capo i mercanti marchigiani diretti a Siena
e Firenze.
Infine i collegamenti delle “vie
Francigene” nei due lati dell'Appennino ci vengono confermati dal
viaggio effettuato da Ottone I nel 964 che da Penne, in Abruzzo, per
raggiungere Acquapendente, nel basso Lazio (a sud di Radicofani), sostò
a Pieve Favera, nei pressi di Caccamo dove rilasciò un diploma a favore
dell'abbazia di S. Maria a Piè di Chienti(59).
LA VIA
SALARIA
La via Salaria la più antica
consolare che attraversava a sud del territorio marchigiano, fu
costruita dai romani all’inizio del III sec. a.C. per collegare la
Sabina con la costa adriatica per il commercio del sale.Fù migliorata da
Augusto e Vespasiano.
I pellegrini provenienti da sud,
dai santuari di S.Nicola di Bari e di S.Michele Arcangelo,ricalcavano
un’antica strada medioevale chiamata Aprutina che costeggiava
l’Adriatico.
Raggiunto Porto d’Ascoli si
raccordavano con la Salaria per proseguire verso Roma o la Toscana
tramite la via Francigena.
La Salaria da Porto
d’Ascoli(Castum Truentinum) attraversava la valle del Tronto e
raggiungeva Ascoli. In questa città i pellegrini potevano trovare
ospitalità negli ospedali di S.Spirito, S.Silvestro, S.Panfilo, Meo del
Sacco, S.Spirito di porta Romana, S.Onofrio e di S.Emidio.
La consolare proseguiva per
Acquasanta Terme,Arquata del Tronto e attraverso la valle del
Velino,raggiungeva l’abbazia di S.Quirico,Antrodoco e Rieti(60).
BIBLIOGRAFIA
1)
M. FANTUZZI,
Monumenti Ravennati de' secoli di mezzo, II, Venezia, 1802, pp.
61-63 e n. 24, p. 352.Via Sabblonaria deriva da sabbia per
l’attraversamento di alcune dune di sabbia che si formavano lungo il
percorso.
2)Regesto
di S. Apollinare Nuovo n. 185 dei 1204 pp. 126-128. FANTUZZI,
Monumenti Ravennati cit., I, Venezia 1801, n. 24,
p. 131 anno 952, n. 31, pp. 146-148 anno 958, n. 74, pp. 151-154, anno
1177, n. 69 pp. 217-227 anno 1262.
3)ANONIMO
RAVENNATE, IV, 31 in J. SCHNETZ, ItinerariaRomana, II,
Lipsia ,1940, p. 68.
Guidonis , 20-21 in SCHNETZ
cit., p. 117.
4)Itineraria
Antonini, 125-126, 1-5 in O. CUNTZ, Itineraria Romana, I, Lipsia,
1929, p. 18.
5)F.
V. LOMBARDI, Il Montefeltro nell'Alto medievo, in Studi
Montefeltriani, II (1973), p. 34. L. VARANI, Il
Montefeltro, Roma 1971, pp. 18-19-37. Il passo Viamaggio fu
frequentato sin dal periodo preromano per i commerci tra la Toscana e la
costa Adriatica, venne utilizzato dagli Etruschi per i collegamenti con
i loro centri commerciali di Pennabilli, Verucchio, Rimini ecc. F. V.
LOMBARDI, La Hospitalis domus Serre Hulmorum, in Studi
Montefeltriani, V (1977), pp. 60-61.
6) VARANI, Il Montefeltro cit.,
pp. 18-19-37.
7)
L. MASCANZONI, La Descriptio Romandiole del Cardinal Anglic,
Bologna, pp. 197-
198. S. ANSELMI. Gli
insediamenti minori del Montefeltro, dell' Urbinate e della Massa
Trabaria nel XIV secolo, Atti e Memorie della Deputazione di Storia
Patria per le Marche:A.M.D.S.P. 84 , Ancona 1979, p. 196.
8)MASCANZONI,
La Descriptio Romandiole cit., p. 195.
9)Ibid,
p. 251; G. FASOLI, Castelli e vie di comunicazione, pp.
215-227. M. L. DE NICOLÒ, La
Cattolica del Cinquecento, Urbino, 1979, p. 133.
10)ANONIMO
RAVENNATE, IV, 33 in SCHNETZ, Itineraria Romana cit.,
p.71.
Gudonis, 37, in SCHNETZ
Itineraria romana cit., p. 122.
11)T.ASHBY-
-R. FELL. The Via Flaminia, in Journal of roman Studies, pp.
184-185.
S. SEBASTIANELLI, Le
strade nelle Marche. Il problema nel tempo, in bollettino della .
Deputazione di storia patria per le Marche-Ancona
(89-91)(1984-1986), 1987, p. 837. A. VERNARECCI, Fossombrone dai
tempi antichissimi ai nostri, Fossombrone, 1907, pp. 72-201 e
seguenti. Nel Periodo romano il municipio di Forum Sempronii era
collgato con Suasa tramite la valle del Tarugo. Nel 292 d.C. fu
costruito un ponte sul Metauro a tre chilometri da Fossombrone (località
S. Lazzaro- chiamato ponte di Diocleziano) utilizzato per inoltrarsi
negli odierni territori di Bellavista, S. Gervasio e Montalto Tarugo.
Dalla località interna di Isola di Fano si poteva raggiungere Fratterosa
e Suasa, oppure Cartoceto e Pergola (luogo dove nel 1946 vennero
ritrovati i bronzi dorati di Pergola datati I secolo d.C.)
12)Itineraria
Antonini, CIL 39,pars I/II, p. 997. A. POLVERARI, Storia di
Senigallia,vol. II, Evo Medio p. 57 e seguenti. La statio di
Pirum, citata negli Itinerari Antonini, è riportata con il nome di Pirum
Filumeni nella tavola Peuntingeriana. Era probabilmente collocata nei
pressi di Mondolfo, dove nel medioevo, sui resti del vicus venne eretta
dai monaci di Classe l'abbazia di S. Gervasio dei Bulgari. Nell’area
sono ancora visibili copiosi frammenti di ceramiche e laterizi romani,
resti di colonne e capitelli ecc.
13)FRANCESCO
MEDICI, S. Lorenzo in Campo nella sua storia antica e nella vita di
oggi, S.Lorenzo in Campo, 1962. S. SEBASTIANELLI,
Medicina e assistenza sanitaria a Pergola. Estratto da atti e
memorie, 97 (1992): Privilegio di Innocenzo III del 24 maggio 1139 che
conferma i beni all’Eremo di Fonte Avellana tra cui <<ecclesia sancte
Mariae de Pondu in comitato eugubino cum pertinentis suis>>. Idem nel
privilegio di Gregorio VIII del 3 Novembre 1187. Nelle decime
ecclesiastiche del 1299 si legge: <<Pro omnibus introitus et reditibus
hospitalis sanctae Marie de Cinisco in primo et secundo termino secundi
25 s.>>.
14)G.
RADKE, Viae publicae romanae, Bologna, 1981, p. 190. F. UNCINI
Le antiche vie tra Umbria e Marche, Perugia, 1995. P. L.
DALL’AGLIO, S. DE MARIA, A. MARIOTTI, Archeologia delle valli
marchigiane Misa, Nevola e Cesano, Senigallia, 1991.A. POLVERARI,
Storia di Senigallia cit., pp. 139-141. La
Protoflaminia fu probabilmente la prima via di comunicazione utilizzata
dai romani per collegare Roma con la colonia di Sena Gallica fondata nel
283 a.C. Lungo il suo percorso sono state ritrovate tre pietre miliari:
una a Sassoferrato riportante 141 miglia, una ad Arcevia senza
indicazione della distanza, la terza nell'abbazia di S. Maria in Portuno
(Madonna del Piano-Corinaldo), riportante 184 miglia da Roma.
15)CARTE
DI FONTE AVELLANA,Vol.I , n. 166, pp. 356-357. Il diverticolo
medioevale si distaccava dalla consolare nei pressi della pieve di S.
Vito, saliva verso il castello di Montesecco, proseguiva a mezza costa
nella valle del Nevola toccando le fortezze di Cabernardi, Rotondo,
Monterosso ed entrava nella valle del torrente Sanguirone. L'abbazia di
Fonte Avellana era raggiungibile attraverso un tracciato che si diramava
dalla via romana diretta a Cagli, nei pressi di Canneto e attraversava
Torricella, la pieve di S. Giovanni, i castelli di Frontone e di
Capitale (Foce-Capriglia). Da l'Avellana i viandanti potevano
indirizzarsi a sud verso i castelli di Leccia, Venatura, Castiglioni per
raggiungere poi Sassoferrato (Fonte Avellana, 1, anno 1066).
16)P.
SANTINI, Arcevia Itinerario nella storia e nell'arte, pp.
144-237.
17)A.
PAGNANI, Storia di Sassoferrato. “Le chiese nella diocesi di
Nocera”, 1333,
tradotto da B. FELICIANGELI, fasc. 2,
1912. G. DOMINICI La città di Nocera nell'Umbria e la sua ubicazione
antichissima, Verona 1930, p. 97. L'ospedale di S. Lucia si trovava
vicino l'antica porta sud della città di Sentinum (Sassoferrato). La
chiesa trasformata in casa colonica, oggi è stata completamente
recuperata. L'ospedale di S. Rocco era situato nei pressi dell'abbazia
di S. Croce di Tripozzo. Il toponimo e la costruzione sono riportati
nelle carte catastasto del 1800.
18)C.
URIELI . Jesi e il suo Contado,vol. II , Jesi
,1988, pp. 311-503-504.
19)Ibid.,
p.503
20)R.
SASSI, Le Carte di S. Vittore delle Chiuse (CSV) n. 62 del 1084.
A. FIECCONI, Percorsi veri tra storia e protostoria nell'area del
Sentino, in Le strade nelle Marche il problema nel tempo ,
Ancona ,1987, p. 597. V.VILLANI, Serra de Conti, 1995, p. 71 e
seg. Il tratto di strada saliva da Serra San Quirico e passava nella
Valle Brecciara, Val Faedo, Vallorana, Monte S. Pietro, Cerqueto.
21)
CSV n. 505 del 1305. Dipendenze di S. Croce di Tripozzo: <<Heremita
septem pontium o S. Cristoforo di Almatano o de clusis>>, in A. PAGNANI,
Storia dell’abbazia di S. Croce dei conti di Sassoferrato,
Fabriano, 1968. L’ospedale di S. Lazzaro, divenuto poi leprosario, era
collocato nell’antico municipio di Taficum, (l'odierno Borgo Tufico di
Albacina) sulla via romana che fiancheggiava la sinistra del fiume Esino
e attraversava le località di Valrapara, l'Abbazia di S. Vittore delle
Chiuse, il vicino ponte romano e proseguiva verso Jesi o Arcevia (via
Pierosara - S. Ansovino).
22)CSV
n. 59 del 1078: <<eccl. s.ca Maria que edificata in fundo Alvacina>>.
R. SASSI, Ricordi Romani di Fabriano, 1938, p. 34. La pieve era
situata lungo la strada romana proveniente da Camerino che costeggiava
la destra del fiume Esino e proseguiva verso Case Lunghe (in questa
località recentemente è stato trovato un tratto di strada basolata),
Valtreara (chiesa abbaziale di S. Michele), ponte Chiaradovo, Gola della
Rossa.
23)
<<Le visite Epistolari di Camerino nel XVII secolo>> . Camerino,
Biblioteca Vescovile .
24)
C. ACQUACOTTA, Memorie di Matelica, Ancona,1838.
BRICHI, Matelica e la sua
diocesi, Matelica ,1953.
25)A.G.
BIOCCHI, La valle di Salmaregia, Biblioteca Montefano, vol. 13,
1989. Il diverticelo di Esanatoglia, frequentato sin dal periodo
romano, era una scorciatoia per i collegamenti tra l'Umbria e il
municipio di Matilica (Matelica). Da Esanatoglia attraversava la valle
di S. Angelo, il trivio di Lentino e Campodonico. A Lentino confluiva
una strada proveniente dall'antica Attidium (Attiggio di Fabriano, via
Capretta, Sforca S. Angelo). Questa viabilità era controllata dai
castelli medioevali di Colleoccio situato nei pressi della abbazia di S.
Angelo infra ostia; di Capretta, soprastante ad Attiggio e di Orsara
collocato nelle vicinanze dell'odierna frazione di Belvedere (nel
territorio del comune di Fabriano).
26)G.
CANGIOTTI, Castelraimondo,Castelraimondo, 1975. Torre del Parco
era situata sull'íncrocio della via consolare Nocera-Ancona con la
strada romana di Camerino-Matelica.
27)Ibidem
28)E.
COTURRI, Le strade dei Pellegrini, in Le strade nelle Marche
il problema nel tempo. Atti e Memorie D.S.P.D.M. Ancona, 1987, p.861
29)R.
SASSI, Ricordi Romani di Fabriano, 1938, G. RADKE, Viae
pubblicae romanae cit., p. 216. A. ZONGHI, C. CIAVARINI,
Carte diplomatiche Fabrianesi, Ancona 1872 - ASCF - Statuti vol. 3
.(1436) libro V, rubrica I.
30)R.
SASSI, Le Carte di S. Maria d'Appennino (CSMA) n. 184 del 1371,
p. 47. CSV n. 99 del 1160. R. SASSI, Le chiese di Fabriano,
Fabriano,1961, pp. 4-58-108-117.
31)R.
SASSI, L'Ospedale di S. Maria Maddalena, Fabriano, p. 37.
32)A.
FIECCONI, Luoghi fortificati e strutture edilizie- nel fabrianese nei
secoli XI-XIII, 1975, p. 12. F. UNCINI, Antiche vie tra Umbria e
Marche, Perugia, 1995, p. 85. Il diverticolo romano toccava le
località di Helvillum, Civita di Fabriano (pagus), Tuficum, Aesis,
Sextia, Anconam. Nei pressi di Civita nel medioevo esisteva l'ospedale
di S. Cristoforo in Cerchiano, dipendente da S. Maria d'Appennino, poi
trasferito presso la porta del Borgo di Fabriano. Nel tratto fabrianese
di Campo d'Olmo la strada, viene citata nelle carte di S. Vittore delle
Chiuse del 1040: <<fluvio castellano et via que pervenit de sancta Maria
veniente ad Bersiano: via Fabriani veniente ad Buriano veniente ad
talona ... le rumana veniente ad campum de ulmo venientem ad flumen>>.
Il passo di Chiaromonte era vigilato dall'omonimo castello situato nelle
sue vicinanze. Veniva frequentato dai viandanti provenienti da
Sassoferrato diretti verso Purello (tramite la valle delle Canovine) o
Fossato, attraverso il valico di Croce d'Appennino.
33)
BIOCCHI, La valle di Salmaregia cit., p. 209 e seguenti.
G. DOMINICI , La città di Nocera nell'Umbria e la sua ubicazione
antichissima, Verona, 1930. F. FELICIANGELI, Longobardi e
Bizantini lungo la Flaminia nel secolo VI, Fabriano,1927. R.
PACIARONI, La viabilità nell'alta valle del Potenza in epoca romana e
medioevale, S. Severino, 1982. F. UNCINI, Le antiche vie cit.,
p. 84. Il raccordo con la consolare era probabilmente situato nel
pressi della valle del Frate. Nelle vicinanze di Orve, alla confluenza
del fiume Potenza con il fosso di S. Croce, c'era la Pieve di Dubios con
l'ospedale. A 400 metri circa dal diverticelo al disotto
dell'odierna Casaluna, (l'antico castello di Giuggiano) sulla consolare
per Nocera, esisteva la statio di Dubios. Nel 1953, a valle di
Casaluna, fu trovato un cippo miliare riportante 115 miglia da Roma,
oggi conservato nella pinacoteca di Nocera.
34)
G. DOMINICI, La via Flaminia per Ancona e la Nuceria degli Umbri e
dei Romani ,in Bollettino di Deputazione Storia Patria per
l'Umbria, vol. 39, pp. 34-35-78. R. GUERRIERI, Storia civile ed
ecclesiastica del Comune di Gualdo Tadino, Gubbio, 1933.
Biblioteca Artisti a Fossato di Vico, Fossato di Vico 1992, pp. 28-42.
Il sistema viario medioevale appenninico fu molto complesso. I
viandanti spesso erano costretti a cambiare i percorsi prefissati per i
diversi problemi che si presentavano lungo il cammino. Le intemperie,
le aggressioni dei banditi e degli animali selvatici, la non
accessibilità delle gole, le strade franate o i ponti interrotti, erano
tutti fattori che inducevano a variare l'itinerario o a rifugiarsi negli
ospizi. Per queste problematiche nel Medioevo la rete viaria era
caratterizzata da una moltitudine di sentieri che permettevano di
cambiare il tragitto o di raggiungere altre strade più scorrevoli e
sicure. I pellegrini attraversando i territori dell'entroterra potevano
contare sugli ospedali collocati sia nel versante Umbro che
Marchigiano. Nelle Marche, lungo la pedemontana citata troviamo
l’ospedale di S. Lucia a Sassoferrato, di S. Lorenzo a Campodiegoli,
della Rocca d'Appennino a Cancelli, di Campodonico delle Chiuse a
Salmaregia, di S. Maria di Dubios. In Umbria esistevano l'ospedale di
S. Benedetto a Fossato, di S. Giacomo e di S. Lazzaro a Gualdo Tadino,
di S. Lucia a Capodarco e di S. Giacomo a Nocera.
35)
CSV n. 99 del 1160. G. CASTAGNARI -N. LIPPARONI, La rete viaria
nell'area Fabrianese dal Medioevo al XV secolo, Fabriano 1987, p.
645. F. MONTANI, Terza lettera del Nintoma accademico disunito,
Venezia, 1754. La valle del Riobono, nel Medioevo, era controllata dai
castelli di Varano, Collalto, Filello e Pillo. Punto di riferimento era
la Pieve di S. Maria di Flexia situata nell'omonimo trivio dove
confluivano le strade provenienti dalla pieve di Coccore (S. Maria di
Ceppete), da S. Donato e da Fabriano; dipendeva dall'abbazia di S. Maria
d'Appennino ed era collocata lungo il confine dei territori della Contea
di Nocera e del gastaldato di Pierosara.
36)
CSMA n. 80 del 1286, n. 86 del 1290, n. 118 del 1302, n. 140 del 1314.
UNCINI, Le antiche vie cit , p. 85. Il passo Croce
d'Appennino o di Fabriano si trova nel confine tra le Marche e Umbria,
era un punto d'incontro di strade provenienti dal valico di Fossato e
dalla valle Alceto dirette verso A passo di Chiaromonte, la valle
di S. Cassiano e di Campodiegoli (il tratto di strada tra Croce
d'Appennino e le Rote era probabilmente il percorso del diverticelo
romano “Helvillum-Anconam” ed è chiamato dai valligiani “la romana alta
o strada corrente”). Nel medioevo, nei pressi del passo esisteva la
prima sede del monastero benedettino di S. Maria. (X secolo).
37)CSMA
n. 86 del 1290, n. 140 del 1314. L'ospedale di S. Lorenzo oggi
completamente scomparso si suppone che fosse situato nei pressi del
passo Croce d'Appennino, oppure a monte di Campodiegoli, alle falde del
Sasso della Rocca, dove ancor oggi il sito viene chiamato “Ospedagli”.
38)CSMA
n. 7 del 1102, n. 86 del 1290, n. 118 dei 1302, n. 203 dei 1390, n. 775
del 1456, G. CASTAGNARI, Abbazie e Castelli della comunità montana
alta valle Esino, Fabriano, 1990. I miseri ruderi
dell'abbazia di S. Maria erano ancora visibili fino agli anni 70 nella
località “Colcelli”, situata in un'altura vicino al passo Croce
d'Appennino. Intorno alla metà del XII secolo, l'abbazia venne
trasferita nei pressi dell'odierna frazione di Cancelli, dove si possono
vedere le possenti rovine di quello che fu il più importante monastero
dell'alta valle dei Giano, tra le Marche e l'Umbria.
39)G. PAGNANI, I Viaggi di S.
Francesco nelle Marche, p. 7. R. SASSI, Il Placito di Cancelli,
Biblioteca Comunale di Fabriano. Statuti Chiavelleschi - Rubrica 62
libro III, ASCF, v. 2 (1415)-Fabriano. R. SASSI, CSMA, p. 5.
40)
CSMA n. 24 del 1225, n. 165 del 1341, n. 331 e 383 del 1312, n. 621 del
1381. L'ospedale della Rocca d'Appennino era probabilmente situato nei
pressi dell’abbazia di S. Maria seconda sede, nella contrada “le
Salare”, dove si incrociavano le strade dirette verso il valico di
Fossato e a Campodonico. La Rocca d'Appennino era una fortezza
dipendente, fino al 1200 dalla contea di Nocera; venne costruita sul
monte Vallarga a guardia del valico di Fossato e di Valmare.
41)
BIOCCHI, La valle di Salmaregia cit., p. 394, Archivio di
Montefano, Fondo S. Biagio in Caprile Pergamena, 37, <<In un documento
del 7 settembre 1372 si fa incarico a fra Nicola, abate di S. Biagio in
Caprile a dare esecuzione al testamento, facendo erigere
l'ospedale in Campodonico e da l'abbate e ai successori in perpetuo i
beni di Bene, nonché l'amministrazione dell' ospedale stesso. La
sentenza è registrata da Antonio di Pietro da Sassoferrato, notaio della
curia vescovile di Nocera>>.
42)
PAGNANI, I viaggi di S.Francesco cit.
43)
BIOCCHI, La valle di Salmaregia cit., pp. 136-139-283: <<In un
elenco di beni redatto il 13 ottobre 1363 sono descritti: La chiesa o
Pieve Uggii, di cui il signore aveva il giuspatronato, metà delle case e
degli ospizi della curi a Uggii, tra la chiesa, il fiume e la via
(probabilmente nel primo tratto della valle del Frate) ecc.>>. Per tale
via si intende la consolare romana Nocera-Ancona.
44)
BIOCCHI, La valle di Salmaregia cit., pp. 215-455.
45)DOMINICI,
La via Flaminia per Ancona cit., p. 34.
46)S.
CIOLI, Castrum Collis oggi Colle di Nocera Umbra, Roma 1981. Il
passo degli Scannelli fu utilizzato nel periodo medioevale in
alternativa al passo di Saramonte e dei Termine. Nei pressi di
Capodacqua, la strada si inoltrava in una gola chiamata la fossa del
Lupo, svalicava a quota 852 e scendeva in territorio Umbro attraversando
le località di Folognole, la Cupa e il castello di Colle di Nocera.
47)
PAGNANI, I viaggi di S.Francesco cit.
48)A.
GUBINELLI, S. Severino Marche, Guida Storico Artistica ,1975, pp.
53-72.
49)S.
FOSCHI, Itinerari degli Imperatori Sassoni nelle Marche durante il X
secolo,p.715 ,in Le Strade nelle
Marche ,il problema nel tempo, DSPDM, Ancona,1987.
50)Ibidem.
ANONIMO RAVENNATE, IV, 31 in SCHNETZ, Itineraria Romana cit.,
p. 68 e Guidonis, 21, 14-21, 17, in SCHNETZ cit. p. 117. Lungo
questo itinerario era presente l'abbazia di S. Maria di Portonovo (XI
sec.).
51)G.
SEMBOLONI, Tolentino Guida all'arte e alla Storia, Comune di
Tolentino e Accademia 1988. GENTILI, Abbazia di Fiastra, 1984,
(ASRF 10/10/1269 n. 1392).
52)G.
SANTARELLI , Il Cammino Lauretano, Il messaggio della
Santa Casa, Novembre 1997, N.9
53)
G. PAGNANI, Una via Francisca Transappenninca, in Le strade
nelle Marche il problema nel tempo DSPDM Ancona 1987, p. 571. A.
MELUCCO VACCARO, I Longobardi in Italia, Longanesi & C. vol. 4,
1988, pp. 193-194. Anche nelle valli del Tenna, Aso e Tronto erano
presenti nel medioevo importanti abbazie: di S. Pietro e di S. Flaviano
a Fermo, di S. Maria della Macchia (S. Ginesio); di S. Vittoria in
Matenano, di S. Ruffino e S. Vitale (Amandola), di S. Anastasio
(Amandola); di S. Salvatore, di S. Angelo, di S. Flaviano e di S.
Bartolomeo collocate sulla valle dell'Aso; di S. Maria di Montegallo, di
Marzia, di S. Benedetto di Monsampolo sulla valle del Tronto ecc. La
valle dell'Ambro era meta di pellegrinaggi al più antico santuario delle
Marche, risalente al 1073, intitolato a S. Maria in Amaro (Madonna
dell'Ambro). I pellegrini erano assistiti dal vicino eremo camaldolese
di S. Leonardo al Volubrio.
54)Ibid.
, pp. 572-573.
55)Ibid.
, p. 575.
56)Ibid.
, p. 576.
57)Ibid.
, p. 580.
58)L. GALASSI, Le Carte
Fossatane, Comune di Fossato di Vico.
59)PAGNANI,
Una via Francisca cit., p. 581.
60)UNCINI,
Le antiche vie cit., p.87.
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