"La
manna di San Nicolò e i canonici rapiti"
di
Pippo Rossi
Ogni
anno, tramite degli inviati, la manna di san Nicolò, veniva portata a
Fabriano, direttamente da Bari.Un anno, due canonici della collegiata
di san Nicolò di Fabriano, accompagnati dal nobile
conte De Vecchi,
decisero di recarsi loro stessi a Bari per prendere la manna e per
pregare di persona sulla tomba del santo taumaturgo di Mira, dalle cui
ossa sgorga la manna, un liquido miracoloso. Durante il
viaggio, si
fermano nelle varie città per mangiare,
dormire e per dire il mattino presto la santa messa, per poi
riprendere il viaggio a cavallo di tre muli.
Nel resoconto fatto del viaggio da uno dei viaggiatori, il
canonico Carlo Caldori, una pagina intera è dedicata alle basiliche
- santuario di san Michele Arcangelo. Vengono descritte con
dovizia di particolari, le basiliche, e l' accoglienza fatta ai tre
pellegrini dai canonici
del santuario. La partenza, avvenuta dopo due giorni. Finalmente dopo
circa venti giorni di viaggio, i tre giungono a Bari, sul far della
sera. Ad attenderli, sul portone della basilica di san Nicola, il
Priore, con alcuni dei
cento canonici, ed alcuni chierici.. A notte inoltrata, dopo essersi
intrattenuti a cena con il priore, accompagnati dai valletti del
capitolo con delle torce in mano per illuminare il cammino, lungo le
strette ed impervie vie di Bari vecchia, si recano negli alloggi,
situati in un sontuoso
palazzo posto sul lungo mare. Il giorno dopo, riaccompagnati dai
soliti valletti , si recano alla basilica per celebrare solennemente
sull' altare maggiore, la santa messa in onore di san Nicola e per
ricevere dalle mani stesse del Priore la sacra manna da portare a
Fabriano. Il girono dopo, ormai riposati , riprendono il viaggio di
ritorno, seguendo la stessa strada. In pochi giorni sono a Lanciano,
dove si incontrano con dei macellai di Fabriano, che si erano recati
in quella località, per
acquistare i vitelli necessari per la carne. Uno di costoro affida ai
tre dei soldi. Il dì seguente, dopo aver celebrato messa, mentre sono
intenti a passare il confine tra Abruzzo e Marche, i tre
vengono assaliti da un gruppo di briganti. che in pochi minuti
li immobilizzano e comandano loro " O la borza o la vita!",
al che ai malcapitati non resta che fare" buona faccia a cattiva
sorte", consegnando tutti i denari che avevano nei borszelli. I
briganti, però, non convinti , li fecero spogliare da capo a piedi
lasciando loro solo le scarpe ed i calzetti. Solo dopo aver
cosnstatato che non avevano altro denaro nascosto, li lasciarono
liberi. I tre malcapitati, dopo aver ringraziato il Signore e san
Nicola dello scampato pericolo, proseguono il cammino a piedi,
attraverso i campi. Dopo due ore di marcia, giunsero ad una stazione
di posta, dove affittarono tre muli, pagando con parte dei soldi che
il De Vecchi aveva nascosto nelle scarpe. Il giorno dopo giunsero sul
far della sera a San Severino, dove incontrarono alcuni fabrianesi con
i quali, il mattino seguente, proseguirono il viaggio, alla volta di
Fabriano. Finalmente dopo circa un mese , i tre
poterono rivedere la chiesa collegiata di san Nicolò, ancora
non terminata nella facciata, ma con l' interno risplendente di ori e
di opere d'arte, dove dall'alto di un altare occhieggiava, l'opera
giovanile del sommo Gentile, la dormitio Viginis di Antonio, la tavola
di Allegretto di Nuzio, ed altri capolavori, compreso il san Michele
Arcangelo del Guercino. E la Manna? si salvò; quei briganti non
erano, poi, degli sprovveduti, e venne distribuita ai fedeli durante
le varie funzioni religiose della festa di san Nicola da Bari, insieme
allo "squajo" del dopo messa.
BIBLIOGRAFIA:
Manoscritto
di memorie esistente nell' archivio storico diocesano fondo della
collegiata di san Nicolò: autore Canonico Carlo Caldori. Esiste anche
il resoconto di un altro viaggio a Bari, fatto nel 1960.dal canonico
Don Achille Berna - Berionni
penitenziere della cattedrale-basilica di san Venanzio Martire
di Fabriano Questa volta però in treno e tutto andò liscio. Questo
resoconto,mano scritto, è costudito nella biblioteca capitolare di
San Venanzo, riordinata, con il contributo delle socie e soci dell'
Archeoclub fabrianese, e collocata di recente in nuovi e più decorosi
locali dall' autore del presente articolo.
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