di
Federico Uncini
LE INVASIONI BARBARICHE
Dopo la caduta dell'Impero Romano d’Occidente avvenuta nel 476,
l'Italia conobbe le devastanti scorrerie dei Goti (Visigoti o Goti
occidentali e Ostrogoti o Goti orientali, stanziati sul mar Nero) ,
degli Unni e dei Vandali.
I più famosi condottieri di questi popoli furono: il germanico
Stilicone (vandalo), lo svevo Ricimero, lo sciro Odoacre, il visigoto
Alarico e l'ostrogoto Teodorico.
Alarico si riversò in Italia nel 409 e prese d'assedio Roma.
La forte resistenza della capitale portò, come rappresaglia, alla
devastazione di molte città romane comprese quelle situate nell'Umbria
e nel Piceno.
Furono distrutte dalla ferocia barbarica le città di
Sentinum,Matilica, Attidium,Tuficum, Nuceria, Tadinum, Septempeda e
Forum Sempronii.
Lo storico Giordane testimonia questa prima orda
d’invasori :"...scorrendo il percorso della
Flaminia,fra il Piceno e la Tuscia,fino alla città di Roma ,strappano
come preda qualsiasi cosa trovino su entrambi i lati. "
Nel 451 arrivarono in Italia gli Unni guidati da Attila che
devastarono la pianura Padana.
Essi furono fermati dal papa Leone I nei pressi di Roma .
Nel 455 la capitale fu saccheggiata dai Vandali giunti dalle coste del
Lazio.
Verso il 490, il nostro paese fu invaso dagli Ostrogoti, comandati da
Teodorico che si insediarono soprattutto nella pianura Padana,nelle
città costiere dell'Adriatico e particolarmente intorno alla capitale
imperiale Ravenna.
In questo periodo in occidente si delinearono i caratteri di
un'economia chiusa e naturale, poiché i villaggi e le ville tendevano
a produrre al proprio interno quanto era necessario per sopravvivere ,
riducendo al minimo gli scambi.
L'abbandono delle vie di comunicazione, il diradarsi dei contatti
commerciali, lo spopolamento delle città, la scarsa coltivazione
d’ampie zone rurali contribuirono a modificare l'ambiente e i sistemi
ecologici: molti campi lasciarono il posto a zone da
pascolo, si estesero le superfici boschive, i territori abbandonati si
trasformarono in paludi.
Si crearono così le premesse per lo sviluppo d’alcune caratteristiche
ambientali tipiche del Medioevo.
Le aree urbane situate nei fondovalle si spopolarono e la gente fuggì
verso le alture circostanti.
Questa situazione si verificò in tutte le zone appenniniche compresa
l’alta valle Esina.
Gli abitanti di Tuficum emigrarono sulle alture di Pierosara,Moscano,
Castelletta, Albacina e Valdicastro; quelli d’Attidium a Collamato,
Paterno, Burano,Civita ; i profughi di Sentinum si riversarono verso
S.Donato, Murazzano, Nebbiano, Civitalba, Genga e Leccia,nelle valli
del Giano e Riobono .
L’obbiettivo della politica di Teodorico consistette nella soluzione
del problema della convivenza tra Romani e Goti.
Egli riservò a questi ultimi la difesa militare del territorio e
affidò ai Romani i compiti relativi all'amministrazione.
Teodorico infatti non volle fondere le due civiltà, anzi difese le
tradizioni del suo popolo,
nella convinzione che Goti e Romani potessero collaborare
pacificamente, pur appartenendo a modelli di culture diverse che
dovevano restare separate.
Nonostante gli sforzi di Teodorico, il programma di coesistenza fallì.
Al mancato obbiettivo contribuì in misura notevole la differenza
religiosa tra i due popoli.
Sebbene i Goti erano ariani, inizialmente Teodorico, pur ribadendo la
legittimità della propria fede, dimostrò ampia tolleranza verso la
componente cattolica .Quando però l'imperatore d'Oriente e la Chiesa
accentuarono l'atteggiamento persecutorio contro gli ariani,Teodorico
si insospettì e temette che Bisanzio e cattolici congiurassero contro
di lui.
Numerosi collaboratori romani furono uccisi e il papa Giovanni I fu
incarcerato.
Alla morte di Teodorico (a.526) gli animi non si pacificarono anche se
la figlia Amalasunta cercò di migliorare i rapporti sia con la Chiesa
sia con l’Impero d'Oriente.
Le città occupate dai Goti nelle Marche e l’Umbria
furono:Perugia,Todi, Spoleto, Ascoli, Fermo , Osimo, Rimini e Urbino.
Le loro capitali furono Roma, Ravenna, Verona e Pavia .
La documentazione archeologica sulla presenza gota in Italia è molto
limitata per arricchire il quadro delle nostre conoscenze ; non è
indagata la situazione nei centri urbani; non si conoscono le loro
necropoli ,ma soltanto deposizioni isolate.
Il fenomeno ,che non sembra dipendere solo dall'assenza di scavi
sistematici, ma pare rispecchiare un dato reale, non ha ancora una
spiegazione.
Una conferma della disuguale densità degli insediamenti si ricava
osservando la distribuzione dei ritrovamenti (tombe isolate ,tesori,
monete ecc.).
Una peculiarità del rito funebre limita ulteriormente le possibilità
di ricerca:solo due
tombe di sesso femminile sono accompagnate dal corredo e sono dunque
identificabili
attraverso oggetti caratteristici; quelle maschili si fondono nelle
molteplici deposizioni
prive di suppellettili, che rappresentano già da molti secoli la
regola osservata tra le popolazioni romane.
Gli elementi cronologici forniti dai tesori indicano due periodi
d’occultamento:l'inizio
della civiltà ostrogota e le guerre bizantine .
L’ Impero nome assunto dall’Impero romano d’Oriente alla caduta
dell’Impero d’Occidente (a.476); il nome dell’Impero bizantino deriva
dalla sua capitale Bisanzio (Costantinopoli). Sotto Giustiniano
(a.527-565) l’Impero bizantino assunse i propri tratti caratteristici:
fusione della tradizione giuridico-amministrativa romana, culturale
ellenistica e religiosa cristiana in un sistema molto centralizzato
con al vertice la figura sacra del basiléus (imperatore), unica
autorità politica e religiosa; articolato corpo burocratico, militare
e diplomatico sorretto da un efficiente sistema fiscale e da un
minuzioso ordinamento giuridico (Corpus iuris). Riconquistato a
Vandali e Goti il controllo dei territori mediterranei occidentali
(sec. VI), nel corso dei secc. VII-IX Bisanzio dovette però cedere
alla pressione araba perdendo Siria, Egitto e coste nordafricane,
mentre in Italia si imponevano i Longobardi e gli Slavi in ampie zone
dei Balcani; la debolezza militare trovava in parte ragione nelle
lotte iconoclaste avviate nel 726 da Leone III, risoltesi in forti
contrasti sociali e religiosi interni e con la chiesa di Roma (poi
sfociati nello scisma del 1054). Nei secc. X e XI, congiuntamente
all’espandersi della religione greco-ortodossa, l’Impero bizantino si
assicurò il dominio dei Balcani piegando i Bulgari e da lì
influenzando anche le popolazioni russe, mentre riotteneva anche il
controllo del Mediterraneo orientale (dalla Siria alla Palestina,
oltre a Creta e Cipro). La pressione contemporanea dei Normanni ad
occidente e dei Turchi ad oriente, avviò a metà dell’XI sec. la
decadenza dell’Impero bizantino (presa di Costantinopoli ad opera dei
crociati, 1204), che anche formalmente scomparve per buona parte del
XIII sec., sostituito dall’impero latino d’oriente. L’avvenuta
restaurazione nel 1261 non frenò il processo di decomposizione,
compiutosi nel 1453 con la caduta di Costantinopoli nelle mani del
sultano ottomano Maometto II. p Arte bizantina. Termine con cui si
indica l’arte cristiana fiorita a Costantinopoli durante i secoli IV-V
e di là diffusa, dal V al XV secolo, in quasi tutte le regioni
dell’Impero romano e caratterizzata da formule iconografiche e
stilistiche derivanti dalla fusione d’elementi ellenistico-romani e
orientali (armeni, siriaci, persiani). L’architettura bizantina, a
differenza di quella occidentale, usa effetti di luce e d’ombra
ottenuti sia con la rotondità delle volte e delle calotte, sia con lo
sfarzo della decorazione musiva sul fondo oro. Le chiese possono
essere di tipo basilicale, a tre o cinque navate, con tre absidi
incorporate e il presbiterio separato dal resto dell’edificio mediante
l’iconostasi (S. Apollinare Nuovo e S. Apollinare in Classe a Ravenna,
S. Demetrio a Salonicco), o a schema accentrato (quadrato, poligonale,
circolare, a croce greca libera o inscritta), con volte a botte e
cupole su cui si aprono numerose finestre (S. Vitale a Ravenna, S.
Sofia a Salonicco, S. Marco a Venezia). La scultura, subordinata
all’architettura, fu usata con scopi prevalentemente decorativi e
coloristici; raro esempio di scultura a tutto tondo è la bellissima
testa di Teodora (Milano, Castello Sforzesco). Notevoli gli oggetti in
avorio, lavorati ad Alessandria e a Costantinopoli. Tra questi un vero
capolavoro è la cattedra di Massimiano di Ravenna. La pittura, quasi
esclusivamente musiva, si valse di tessere policrome alternate ad
altre d’oro. I mosaici più famosi si trovano a Ravenna (S. Vitale, S.
Apollinare in Classe, S. Apollinare Nuovo), a Venezia (S. Marco), in
Sicilia (duomo di Cefalù e di Monreale), a Parenzo, in Croazia
(Basilica Eufrasiana), a Roma (S. Agnese, S. Lorenzo). Esempi di
pitture a fresco sono a Hosios Lukas in Focide, nelle catacombe romane
di Commodilla, di Ponziano, di Callisto e in S. Demetrio di Salonicco.
Espressioni notevoli dell’arte bizantina furono anche la pittura
d’icone (come quella dell’Arcangelo Michele nel Museo Nazionale di
Pisa), la miniatura, l’oreficeria, la scultura in legno, la ceramica e
la tessitura.
BELISARIO
Generale bizantino (a.505-565);
fu uno dei più grandi generali della storia. Insignito dall'imperatore
Giustiniano I del comando dell'esercito , si distinse per valore e
abilità nelle guerre contro i sassanidi di Persia nel 530,
sconfiggendo un esercito di gran lunga superiore al suo; l'anno
successivo, però, subì una sconfitta e fu richiamato a Costantinopoli.
Nel 532, in città, represse una rivolta (la cosiddetta insurrezione di
Nika) che minacciava la stabilità del trono e dello stesso impero;
Belisario, a capo delle guardie imperiali,soffocò la ribellione
uccidendo più di 30.000 ribelli.
Nel 533 fu inviato nel Nord
Africa per combattere i vandali, stanziati lungo le coste del
Mediterraneo da più di un secolo. Belisario in un solo anno conquistò
il loro regno e ne portò il re prigioniero a Costantinopoli. In
seguito assoggettò la Sicilia e l'Italia meridionale, strappandole ai
goti. Nel 536 entrò a Roma, dove per un anno subì l'assalto del re
goto Vitige; quando Belisario riuscì a spezzare l'assedio, inseguì
Vitige fino a Ravenna, dove, nel 540, lo costrinse alla resa.
Giustiniano cominciò a temere il suo crescente potere e lo richiamò a
Costantinopoli per inviarlo a combattere una nuova campagna contro i
persiani (541-542). Dopo una nuova vittoria sul fronte persiano,
Belisario tornò in Italia, dove riprese la guerra contro i goti,che
nel frattempo si erano reimpossessati dei loro territori, fino al 548,
anno in cui il comando delle truppe fu assegnato al suo antagonista
Narsete, a causa degli intrighi di corte e della gelosia di
Giustiniano. Dieci anni dopo l'imperatore lo chiamò ancora per
difendere Costantinopoli dall'attacco degli unni. Nel 562 Giustiniano
lo incarcerò con l'accusa di aver congiurato contro di lui, ma in
seguito fu riconosciuto innocente e fu liberato.
NARSETE
Generale bizantino (a.478 circa - Roma 568). Eunuco d’origine armena,
acquistò grande influenza alla corte di Giustiniano grazie al favore
di Teodora. Con Belisario, collaborò alla repressione della sommossa
di Nika (a.532). Spesso incaricato da Giustiniano di missioni di
fiducia, fu da lui inviato in Italia durante la guerra gotica, prima
come collaboratore (a.538-540), poi come successore di Belisario, e
con le vittorie su Totila a Tagina e su Teia in Campania (a.552-553)
spezzò la dominazione degli Ostrogoti. Distrusse poi le bande di
Franchi e d’Alamanni calate dalle Alpi al Mezzogiorno (a.554-555) e
con successive operazioni soffocò in un decennio i residui focolai
d’Ostrogoti. Ottenuto il titolo di patrizio, fu incaricato del
governo e del riordinamento dell'amministrazione dell'Italia che
esercitò con durezza, e con criteri fiscali molto duri.Fu deposto,
forse per controversie con l'imperatore Giustino II, e sostituito con
Longino (a.567).
TOTILA
Totila o Badùila (“l'Immortale”) († Caprara, presso Gualdo Tadino,
552), re degli Ostrogoti (a.541-552). Successore d’Erarico nel pieno
della guerra gotica, nell'assenza di Belisario condusse una
controffensiva fino a Cuma e a Napoli (a.543), cercando al tempo
stesso di cattivarsi il favore della popolazione. Poco dopo occupò
Roma (a.546), ma al ritorno di Belisario (a.547) l'abbandonò senza
recarle gravi danni; la rioccupò di nuovo nel 549 dopo
l'allontanamento di Belisario dall'Italia e spinse le sue campagne
militari al sud della penisola e alle isole. Attaccato dal successore
di Belisario, Narsete, fu sconfitto e mortalmente ferito nella
decisiva battaglia di Tagina(a.552). Gli succedette Teia, ultimo re
degli Ostrogoti.
IL CONFLITTO GOTICO-BIZANTINO
Nel 534 Amalasunta,rimasta padrona del regno degli Ostrogoti, per
consolidare il suo debole potere, decise di governare con il cugino
Teodato.
Questo nel 535, accordatosi con i Goti nemici d’Amalasunta, la fece
incarcerare e strangolare.Giustiniano, imperatore romano d'Oriente,
decise di intervenire in Italia ed ebbe inizio la guerra
greco-gotica.I Goti resistettero per quasi vent'anni (a. 536-553) in
una guerra che devastò l'Italia.Da allora ,fra vittorie e sconfitte
,il conflitto fu lungo e terribile per il nostro paese che ne uscì
stremato con le antiche città romane totalmente distrutte e migliaia
di morti per fame e stenti.
Nel giugno del 535 una flotta imperiale, al comando del generale
Belisario, raggiunse la Sicilia, sbarcando circa 10.000 uomini in
prossimità di Catania.
Verso la fine dell'anno Teodato si lasciò convincere ad accettare le
condizioni di pace propostegli da un inviato di Giustiniano.
Nel 536 Teodato cambiò idea e riprese le operazioni belliche contro
gli imperiali in Dalmazia; nel frattempo Giustiniano ordinò nuovamente
a Belisario di superare lo stretto di Messina e di conquistare Napoli.
Teodato ,dopo i fallimenti militari fu deposto e ucciso dal nuovo re
Vitige.
In questo periodo le Marche furono invase dai Goti e molte città
subirono incendi e saccheggi come Urbino,Pesaro e S.Leo.
Il 9 dicembre del 536 i Bizantini entrarono a Roma dalla porta Asinara
e l’anno successivo fu assediata dai Goti senza successo.
Nel 538 gli imperiali al comando di Giovanni attaccarono Rimini e
compirono diverse operazioni militari nel Piceno e nei pressi di
Ravenna, tanto da indurre Vitige a lasciare l'assedio di Roma e a
riprendere le operazioni militari nel nord Italia, attraversando i
presidi di Chiusi , Orvieto, Todi, Osimo, Petra Pertusa (Gola del
Furlo),Montefeltro e Cesena.
Ildigher e Martino inseguirono i Goti verso Rimini e presero Petra
Pertusa.
Belisario da Roma riprese Todi,Chiusi e Urbino ,volgendo quindi in
proprio favore le sorti della guerra, fino a quando nel 541 l'elezione
di Totila, detto Baduila " l'immortale ", capovolse le sorti del
conflitto.
Nel marzo del 539 , i Goti ,unendo le loro forze a quelle dei
Burgundi, assediarono Milano e nelle Marche occuparono l’importante
presidio di Petra Pertusa. Nel frattempo Belisario passò al
contrattacco ,conquistò Petra Pertusa, Urbino e Osimo e nel maggio del
540 entrò in Ravenna dopo un lungo assedio.
Nello stesso anno, si aprì una nuova fase del conflitto. I Goti ,
infatti vinsero in battaglia a Treviso le truppe di Vitalio e la
guerra si estese a tutta la penisola.
Nel 542 Totila sconfisse gli imperiali a Faenza e nella valle del
Mugello.
Cesena,Urbino, Montefeltro e Petra Pertusa ritornarono sotto il
controllo gotico e Totila fu applaudito come il liberatore dai
Bizantini che spogliavano, stupravano e uccidevano nelle campagne e
città.
Nel 545 Totila pose il primo assedio a Roma, difesa da Bessa, e
conquistò le città di Fermo e d’Ascoli; l'anno successivo la capitale
cadde per il tradimento d’alcuni ufficiali bizantini.
In questo anno secondo quanto riportato dallo storico
Jacobilli " Totila, re dei Goti ,l'anno 546
rovinò le città di Tadino,Nocera,Sentino,Pistia ed Usenti (Gaifana ?),
et altri luoghi vicini all'Umbria .".
Il re goto coraggioso e gentile avrebbe potuto trasformare la capitale
in pascolo , come d'uso in quei tempi, ma non volle farlo, limitandosi
al saccheggio, evitando le uccisioni e le violenze sulle donne.Nel 550
Totila conquistò di nuovo Roma e l’anno successivo cercò di
impadronirsi d’Ancona per evitare lo sbarco dei nemici e mandò un
esercito nel Piceno con l'aiuto di 47 navi , ma l'assedio fallì per
l'intervento di Giovanni, che proveniva da Salona con 38 navi , e di
Valeriano sopraggiunto da Ravenna con dodici navi , i quali batterono
i Goti sul mare di fronte a Senigallia (551), costringendoli a
rifugiarsi ad Osimo .Teia ebbe il compito di rendere difficile il
transito dei Bizantini nel nord Italia causando impaludamenti delle
strade e ritirandosi verso sud, tramite la Flaminia, si congiunse
con Totila nei pressi di Roma.
Narsete nel 552 da Ravenna scese verso Rimini , dove eliminò un
presidio goto e senza occupare la città, attraversando il fiume
Marecchia scese a sud utilizzando la via Flaminia.
Procopio nel suo racconto riporta:"Totila
attraversò allora tutta la Toscana e giunto sui monti detti Appennini,
vi s'accampò, restando vicino ad un villaggio che gl'indigeni
chiamano Tagine".
I Goti, venuti a conoscenza che i nemici avevano forzato Rimini, si
accamparono a Tagina (Gualdo Tadino), luogo strategicamente adatto per
incontrare il nemico sia che provenisse dalla Flaminia o dalla
Tiberina che dai diverticoli della costa adriatica .
Lo spostamento di Narsete è così narrato dallo scrittore: " Si
staccò dalla via Flaminia,procedendo verso sinistra. La così detta
Petra Pertusa , di cui nei libri precedenti ho descritto la
fortezza,dicendo quanto fosse naturalmente munita , era stata occupata
dagli avversari molto tempo prima;sicche', per quanto riguardava le
località della via Flaminia,esse erano del tutto impenetrabili e
intransitabili.Narsete lasciò pertanto la via più breve e si mise per
la via praticabile " .
Il condottiero bizantino lasciando la Flaminia aveva la possibilità
di scegliere diversi percorsi che gli permettevano di raggiungere
Sassoferrato tramite le valli del Tarugo, Cesano, Misa ed Esino.
Probabilmente la valle dell'Esino non fu percorsa da Narsete in
quanto Osimo e Jesi erano in mano ai Goti .
Anche la loro probabile presenza nella gola di Frasassi è testimoniata
da un documento del monastero di S.Vittore delle Chiuse, dove è
riportato il toponimo "le gotize" .
Dall'entroterra marchigiano la Flaminia poteva essere riguadagnata
dall'esercito di Narsete a Scheggia, Purello,Fossato e Gualdo Tadino
tramite i passi della Gola del Corno, Chiaromonte, Croce d'Appennino,
Fossato e Valmare.
La posizione strategica di Tagina nel periodo romano è testimoniata
dai codici medioevali: "..su entrambi i lati della via Flaminia fu
costruita dagli abitanti del territorio,in un luogo
meraviglioso,pianeggiante, irrigato dalle acque,e i vincitori romani
la tennero molto a cuore.In lei le taverne assicuravano vitto e
alloggio alle legioni, ai consoli e ai comandanti e agli imperatori in
transito,che ivi si ristoravano;e così quello che una volta era un
piccolo paese,con pochi tuguri ,fu trasformato in una ricca città che
aveva i suoi confini con Gubbio,Assisi e Camerino...".
Narsete quindi ebbe diverse alternative per proseguire: forzando la
Flaminia o seguendo percorsi secondari meno controllati dal nemico.
Totila pur essendo giunto in anticipo , fu costretto a prendere una
posizione d’attesa non conoscendo la strada mediante la quale sarebbe
stato valicato l'Appennino da parte degli avversari.
Narsete probabilmente giunse da una via poco prevedibile, da dove fino
all'ultimo istante poteva cambiare direzione, altrimenti Totila lo
avrebbe preceduto sul valico della Scheggia, condizione più strategica
che rimanere attestato a Tagina.
I Bizantini si accamparono nei pressi dei "Busta Gallorum"
,come riporta Procopio riferendosi alla battaglia di Sentino del 295
a.C., di cui lo storico erroneamente attribuisce la vittoria sui Galli
a Camillo, avvenuta nel 390 a.C., anziché ai consoli romani D.Mure e
Q.Fabio.
Procopio riporta testualmente: "
Le forze romane al comando di Narsete misero poco dopo
anche loro il campo sull'Appennino: Stavano ad una distanza di circa
100 stadi da quello avversario, in una posizione pianeggiante, ma
circondata da molte alture assai vicine ,dove si narra che una volta
Camillo, generale romano ,vinse e distrusse in battaglia una
moltitudine di Galli.
Di questo fatto la località porta tuttora la
testimonianza nel nome, serbando memoria del rovescio dei Galli: si
chiama Busta Gallorum. Busta è il nome che i Latini danno ai resti
della cremazione. E ci sono moltissimi tumuli, in cui furono sepolti i
cadaveri.
" .Probabilmente i tumuli citati dallo storico ancora visibili al
tempo della battaglia , erano le tombe appartenute ai Piceni ,
risultate numerose nell'area fabrianese. Molte di loro furono
individuate nel 1952 sulla piana di S.Maria mediante foto aeree e
prospezioni elettriche . I Bizantini quindi si fermarono nell’area
dove avvenne 800 anni prima la battaglia di Sentino.
Procopio aggiunge che i due schieramenti erano distanti tra loro 100
stadi.
L'esercito di Totila, inferiore di numero (15.000 uomini contro i
30.000 bizantini), tentò di prendere di sorpresa Narsete sul luogo
dove si era accampato.
Per oltrepassare l'Appennino, prese il diverticolo di Helvillum
(Fossato di Vico) e attraverso il passo Croce d'Appennino e la valle
di S.Cassiano raggiunse il sito della battaglia.
Identificando Tagina con il municipio romano di Tadinum ,Capras con
Caprara di Gualdo Tadino e nell'ipotesi dei Busta Gallorum
situati nella pianura fabrianese, si riscontra la corrispondenza delle
distanze che intercorrono tra questi luoghi e le misure riportate da
Procopio.
Cento stadi in linea retta si riscontrano tra l'accampamento bizantino
posto nei pressi di Camoiano-Marischio e quello dei Goti situato
nella pianura di Gualdo Tadino; 84 stadi dista il campo della
battaglia ipoteticamente collocato tra Marischio e S.Cassiano e
l'odierna frazione di Caprara dove Totila fu sepolto .
Procopio riporta le fasi della battaglia con le
seguenti parole : "il giorno dopo le
trattative fallite , Totila si presentò, di sua iniziativa, con tutte
le truppe.Ecco che i due eserciti erano schierati l'uno contro
l'altro, a distanza di non più di due tiri d'arco.
C'era lì una piccola collina,
che gli uni e gli altri anelavano a conquistare, ritenendo che
l'ubicazione fosse favorevole per tirare sugli avversari da posizioni
di forza. Ed essendoci , come ho detto, in quel posto parecchie
alture, era impossibile aggirare il campo romano prendendolo alle
spalle, salvo che per un unico sentiero che rasentava la collina. Era
perciò inevitabile che gli uni e gli altri attribuissero a questa una
grande importanza :i Goti , per circondare i nemici durante lo
scontro prendendoli tra due fuochi, i Romani per sfuggire a
quest'eventualità. Narsete prevenne il nemico , scegliendo 50 soldati
d'un reparto di fanteria e mandandoli ad occupare la posizione a notte
fonda e a tenerla .
Ci furono diversi vani tentativi
dei Goti per strappare ai Bizantini la collina.Il resto del mattino
trascorse senza nulla di rilievo,tranne i giochi di Totila, in attesa
di duemila cavalieri goti, dinnanzi al suo esercito schierato e in
vista dei soldati bizantini,anch'essi già pronti per lo scontro ,poco
dopo l'arrivo dei duemila cavalieri, e subito dopo aver fatto mangiare
i suoi soldati, cui aveva per poco tempo comandato di rompere lo
schieramento e indietreggiare. Dopo il pasto li fece tutti di nuovo
indossare le armi, al completo come si conviene ai soldati, subito
scagliò l'esercito contro i nemici, credendo di assalirli
all'improvviso e perciò vincerli.
Narsete, temendo proprio ciò che
avvenne,che cioè i nemici si gettassero contro di loro dopo aver
proibito ai suoi soldati di prendere riposo, di togliere la corazza e
il freno ai cavalli, li aveva fatti mangiare schierati e armati.
I cavalieri goti invece,lasciati
dietro di sé i fanti ,forti soltanto delle lance,con impeto cieco
andavano all'attacco e, arrivati allo scontro ,colsero il frutto della
loro follia.
Scagliatisi infatti contro il
centro dei nemici , si trovarono senza accorgersene,nel mezzo
d’ottomila fanti, colpiti da entrambi i lati,dalle frecce scagliate
contro di loro e si persero subito di coraggio.
Gli arcieri infatti, a poco a poco, avevano piegato a semicerchio
ambedue le ali dello schieramento, come da me è stato detto; i Goti
perciò, in questo assalto, persero molti uomini e molti cavalli prima
ancora che si scontrassero con i nemici e , avendo subito molte e
irrimediabili perdite , tardi e a stento arrivarono nello schieramento
dei nemici.
Era già verso sera ed ambedue
gli eserciti si mossero improvvisamente, quello dei Goti per la fuga,
quello dei Romani per l'inseguimento .
Infatti i Goti non resistettero
ai nemici scagliati contro di loro ,ma mentre quelli avanzavano,
andavano indietro e precipitosamente fuggivano,atterriti dal loro gran
numero e dal loro ordine perfetto.
Non si curavano affatto di
resistere,spaventati come se li assalissero fantasmi o si combattesse
dal cielo. Ma per loro ,rifugiatisi presso i loro fanti ,in poco tempo
la sfortuna crebbe ed aumentò ancora di più. Infatti, non essendosi
ritirati in buon ordine, giunsero tra loro non per riprendere fiato e
insieme con loro riprendere poi a combattere,come si è soliti,
sia affrontando gli inseguitori
con scontri ,sia facendo improvvisi dietrofront,sia in altro modo di
guerra ,ma così in disordine che, ad alcuni di loro accadde di essere
uccisi dalla cavalleria venuta loro addosso.
Perciò i fanti, né aperto lo
schieramento li ricevettero, né salvatili stettero fermi,ma insieme
con loro tutti fuggivano ,ed allora persino si uccidevano l'uno con
l'altro ,come in una battaglia notturna.
I soldati romani , approfittando del loro terrore,
uccidevano sempre quelli che incontravano,senza che si difendessero
,od osassero alzare gli occhi, mentre si arrendevano ai nemici ,
perché ne disponessero a loro discrezione,tanto la paura si era
impadronita di loro e il terrore li dominava.E
di loro seimila caddero uccisi in quella battaglia e molti
consegnarono se stessi al nemico.
Totila poi,mentre fuggiva nel
buio, con non più di cinque uomini,uno dei quali era Scipuar, era
inseguito da alcuni Romani,i quali non sapevano che era Totila.
Fra costoro si trovava il gepido
Asbade che, appena giunto vicinissimo a Totila, lo assaliva per
colpirlo alle spalle con la lancia.
Allora un giovanetto gotico,della casa di Totila, che seguiva il
padrone nella fuga, sdegnatosi per quanto accadeva,gridò ad alta voce:
perché o cane ti sei scagliato a colpire il tuo padrone? Asbade,
dunque scagliò con tutta la forza la lancia contro Totila, ma egli
stesso, colpito da Scupuar,ivi rimase.Ma anche lo stesso Scipuar si
fermò,colpito da uno degli inseguitori, che erano in quattro, dopo
aver fatto l'inseguimento insieme con Asbade, per salvarlo smisero
l'inseguimento e tornarono indietro insieme con lui.
Quelli che accompagnavano Totila
poi,credendo che i nemici ancora li inseguissero, non smisero di
fuggire,ma trascinandosi dietro con grandi sforzi lui colpito a morte
e in fin di vita, poiché erano costretti ad una corsa forzata.
Dopo aver percorso ottantaquattro stadi ,giunsero ad un luogo chiamato
Caprae.
Quindi fermatisi in questo luogo
,curavano le ferite a Totila il quale, non molto tempo dopo cessò di
vivere. Allora quelli che lo seguivano, dopo averlo ivi sotterrato, si
allontanarono".
Procopio inoltre riferisce:"che
Totila fosse scomparso dagli uomini, i Romani non lo seppero finché
una donna ,di origine gotica,non lo riferì ad essi e mostrò il
sepolcro.Essi però, udito ciò, non credendo che le cose riferite
fossero vere,si recarono sul posto,e avendo scavato subito la tomba,ne
trassero fuori Totila morto e, si dice che dopo averlo
riconosciuto,dopo aver saziato il loro desiderio di questa vista,di
nuovo lo seppellirono nella terra e riferirono poi a Narsete tutto
quanto era accaduto.
Così finirono il dominio e la
vita di Totila,che aveva regnato sui Goti per undici anni ".
Lo storico alla fine del capitolo XXXII riporta una seconda versione
degli stessi avvenimenti della battaglia che in alcuni fatti
differiscono dalla versione ufficiale del libro IV.
"Alcuni però dicono che non così , ma in altro modo andarono gli
avvenimenti relativi a Totila e a questa battaglia.E ciò a me non è
sembrato fuori luogo di riferire.
Dicono infatti che all'esercito
dei Goti accadde di mettersi in fuga,ma non senza motivo ed
irrazionalmente,ché , durante
una scaramuccia di alcuni soldati romani, una freccia colpì
improvvisamente Totila, senza espressa intenzione di chi l'aveva
scagliata.Totila infatti, armato come un soldato, si trovava
allineato,senza alcuna precauzione,in un punto qualunque dello
schieramento,non volendo dar nell'occhio ai nemici, né esporre se
stesso ad attacco,e perciò un disgraziato caso diresse la freccia
contro il corpo di lui:dicono poi che egli,colpito
mortalmente,straziato da acutissimo dolore,uscì fuori dallo
schieramento con pochi,e a poco a poco,si ritirò indietro; resistendo
al dolore,cavalcò fino a Caprae dove poi, essendo svenuto si fermò per
curare la ferita,ma non molto dopo arrivò per lui l'ultima ora di
vita.
E allora l'esercito dei Goti che peraltro non era di pari forze, per
combattere i nemici essendo stato messo fuori combattimento, contro
ogni aspettativa il suo capo,fu sbigottito perché il solo Totila,e
senza che i nemici lo colpissero di proposito,era stato colpito
mortalmente.Perciò atterriti e scoraggiati caddero in così illimitato
spavento che si misero in fuga vergognosa.Ma su queste cose ognuno
pensa come meglio crede" .
La battaglia durò molte ore , fino a sera inoltrata, e il contatto
tra i due schieramenti avvenne probabilmente ad est degli Appennini,
in quanto Totila dovette abbandonare il campo di Tagina per recarsi a
provocare i Bizantini nei loro accampamenti, dove si sarebbe accesa la
mischia e avvenuta la rotta dei Goti forse dopo il ferimento del
loro condottiero .
Questi ultimi respinti e quasi accerchiati, ripiegarono
disordinatamente e cercarono di riguadagnare la Flaminia nei pressi di
Helvillum, attraverso il passo Croce d'Appennino.
Inseguiti dal nemico nel versante umbro, furono sterminati nei pressi
di Tagina.
Sul campo rimasero uccisi 6000 Goti.
Totila ferito in battaglia , dovette abbandonare la Flaminia e
inoltrarsi verso la valle del Chiascio , fuori dalla strage che si
stava ultimando a Tagina.
Dopo 84 stadi di fuga , in un luogo chiamato Capras, trovò la morte.
A Caprara esiste un sito che è chiamato "Palazzo di Totila" che la
tradizione locale indica come il luogo della sepoltura del re goto
.
L'anno seguente il re Teia fu definitivamente sconfitto dai Bizantini
alle falde del Vesuvio sui monti Lattari.
Dopo questo conflitto l’Italia appariva stremata: le città erano
spopolate a causa degli assedi e delle pestilenze, i campi depredati
dalle razzie degli eserciti di occupazione, le risorse economiche
completamente distrutte.
La situazione del paese dopo la guerra Gotica ci è descritta da
Procopio:
"Nel Piceno si dice che ben cinquantamila contadini
morissero di fame ed anche
ben molti di più di là del Golfo
Jonico.Quale aspetto avessero ,ed in quale modo morissero, essendone
stato io stesso spettatore , ora
vengo a dire:tutti erano emaciati e pallidi,la carne loro,mancando gli
alimenti ,secondo l'antico adagio,consumava se stessa e la
bile,prendendo dominio sulle forze del corpo,dava a questo un colore
giallastro.Col progredire del male ogni umore in loro veniva meno,la
cute asciutta pareva di cuoio e aderiva alle ossa e il colore
fosco,cambiatosi in nero, li faceva parere come torce abbrustolite.
Nel viso erano stupefatti e come
orribilmente stralunati nello sguardo. Quali di essi morivano per
inedia,quali per eccesso di cibo ,perché essendo in loro tutto il
calore naturale delle interiora, se mai alcuno li nutrisse a sazietà,
e non a poco alla volta come si fa con i bambini, appena nati,non
potendo essi già più digerire il cibo,tanto più presto venivano a
morte.
Taluni furono che, sotto la
violenza della fame, mangiadonsi l'un l'altro...ben molti,
travagliati dal bisogno di fame, se mai in qualche erba si
incontravano , avidamente vi si gettavano sopra e, appuntando le
ginocchia,cercavano di estrarla da terra, ma non potendo , perché
ogni loro forza era esausta,cadevano morti su quell'erba e sulle loro
mani.
Né v'era alcuno che li seppellisse,
perché a dar sepoltura niuno pensava; non erano però toccati da alcun
uccello dei molti che sogliono pascersi dei cadaveri , non essendovi
nulla per questi,poiché come ho già detto, tutte le carni la fame
stessa aveva divorato...".
L'impero d’Oriente sopravvisse alla marea delle invasioni e poté
esercitare un'importante funzione storica ancora per molti secoli ,
grazie alla sua complessiva superiorità economica e organizzativa
sull’Occidente, alla posizione geografica che gli permetteva di
dominare il bacino orientale del Mediterraneo , al controllo di ricche
provincia, come l'Egitto e la Siria, mentre l'Europa romano-barbarica
nel V-VI secolo si impoveriva economicamente e culturalmente.
Bisanzio continuò a vivere una civiltà evoluta e consapevole ,dovuta
soprattutto all’unità linguistica,monetaria, economica,
politico-religiosa e ad essere una potenza militare dotata di una
formidabile flotta marina.
L’Impero bizantino poté sopravvivere alle più aspre bufere grazie alla
fusione
dell'ellenismo con la sapiente politica creata da Roma. .
Il territorio umbro marchigiano, dopo la battaglia di Tagina,
probabilmente fu fortificato per il controllo dei passi che
collegavano le vie provenienti dal mare Adriatico con la capitale.
Scarse sono le testimonianze archeologiche della presenza bizantina in
queste regioni.
Le fortificazioni di Pierosara e Fossato rispecchiano l'architettura
militare d'oriente e sono ambedue collocate in posizioni strategiche e
di controllo della valle Esina e della Flaminia .
I Bizantini rafforzarono le località strategiche situate nelle valli
appenniniche, come Ascoli, Fermo, Camerino, Osimo, Ancona, Jesi,
Senigallia, Fano, Rimini, Urbino, Urbino, Cagli, Luceoli, Gubbio e
Perugia .
Il toponimo bizantino militare di Filetto (posto di guardia) è ancora
presente in diverse località come al Purello: Cima Filetta; a Cerreto
d'Esi nei pressi della Rocca degli Attoni: Case Filette; ad Esanatolia
e a Senigallia: Filette.
Alcuni nomi di chiese dedicate ai santi d'oriente lasciano qualche
traccia dello stanziamento di Bizantini in questa fascia di
territorio umbro-marchigiano: S.Apollinare (Purello), S.Anatolia e
S.Cataldo (Esanatoglia), S.Elena, S.Lucia, S.Andrea, S.Pietro,
S.Cristoforo, S.Lorenzo, S.Stefano, S.Sofia, S.Agata .
Anche la presenza dell’ arte bizantina si trova in molte strutture
religiose del territorio marchigiano come nelle abbazie di S.Elena
(S.S.Quirico), S.Gervasio dei Burgundi (Mondolfo), S.Maria di Lastreto
(Pergola) ecc.
La vittoria
dell’Oriente sui Goti , fu però effimera e nel 568 il dilagare dei
Longobardi, provenienti dalla Pannonia (attuale Ungheria) , pose fine
alle ambizioni unitarie di Bisanzio.