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La storia dell'ospedale di Fabriano

 

 di Aldo Pesetti

 

 

La prima sede dell’ospedale della comunità di Fabriano fu nel complesso della Madonna del Buon Gesù, fondato nel 1456 da San Giacomo della Marca con lo scopo di accorpare le attività dei tre maggiori “hospitali” allora esistenti: S. Maria del Mercato, Santa Maria della Misericordia e quello dei Calzolai. L’”Ospedale degli infermi”, che era distinto dal vicino "Brefetrofio o ospedale degli Esposti”(=orfani), si trovava nei locali, ora demoliti, posti sul lato orientale, verso il Palazzo del Podestà (attuali “giardini del Pojo): una torre donata dal Comune più altre sette stanze, per un totale di circa 15-20 posti letto. Economicamente l’istituzione ospedaliera poteva fare affidamento sulle entrate derivanti dalla proprietà di alcune case date in affitto e circa cinquanta poderi. A sovraintendere le attività era la Confraternita del Sacramento della Cattedrale che nel 1766 chiamò per la gestione, da Roma, i Frati dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio (“Fatebenefratelli”).
In epoca napoleonica subentrò quindi nel governo la Congregazione di Carità, istituzione che aveva il compito di gestire le varie opere di carità cittadine e che si sosteneva grazie a lasciti e rendite corrisposti dalle ricche famiglie fabrianesi. L’ospedale intanto, a causa del crollo della torre (1783) era stato trasferito nei locali della ex confraternita di San Giuseppe, davanti alla chiesa di Sant’Agostino (attuali ambulatori ASL di Via Marconi), finché nel 1837 il vescovo Balducci decise di spostarlo nel monastero di San Sebastiano (Istituto Sant’Antonio). In seguito all’unità d’Italia molti conventi vennero confiscati e i religiosi costretti ad abbandonarli. Così accadde anche per quello di Sant’Agostino, la cui proprietà nell’anno 1873 fu ceduta dal Municipio allo scopo di istituirvi il nuovo nosocomio. L’inaugurazione, dopo alcuni lavori di trasformazione, ebbe luogo il 18 Aprile 1874. Il presidente della Congregazione di Carità, Oreste Marcoaldi, così descrisse il sito: “Il casamento offre le migliori opportunità e pe’ bisogni degl’infermi e per la pubblica igiene, massime in tempi epidemici e contagiosi, come quello che è appartato, vasto, prospicente alla campagna, ed attiguo ha un amplissimo orto”. Durante l'estate del 1878 il terreno posto verso l’attuale Via Stelluti Scala venne trasformato in giardino pubblico e nell’anno 1900, in seguito all’assassinio di re Umberto di Savoia, la struttura assunse il nome di “Ospedale Civile Umberto I”. Per alcuni anni, durante la prima guerra mondiale, per far fronte alla necessità di curare i soldati provenienti dal fronte, fu creato un “ospedale militare di riserva” presso l’ex monastero di San Sebastiano. L’11 marzo 1944 un bombardamento demolì l’entrata monumentale sovrastata dalla grande aquila di bronzo, il complesso ospedaliero venne quindi trasferito temporaneamente prima nei locali della Scuola Agraria e successivamente a Vetralla nei locali delle cartiere ex Serafini. Dopo la II guerra mondiale, l’architetto fabrianese Giulio Meloni progettò il nuovo ingresso con alto e arioso porticato; contestualmente l’intitolazione fu variata in Ospedale Civile “Engles Profili” per onorare la memoria del dottore fabrianese ucciso dai fascisti. Di recente nell’ampia area che circonda il nucleo originario si è provveduto a edificare altri edifici per ospitare vari padiglioni ospedalieri. A seguito del terremoto del 2016 si è resa inagibile una porzione della parte più antica (ala “A”) costringendo alla chiusura dei piani primo e secondo e il trasferimento degli ambulatori e uffici che qui erano presenti. Molti i personaggi che hanno legato il loro nome alla storia del nosocomio fabrianese, tra di essi: il dottor Pompeo Giannantoni (classe 1869), primario di chirurgia, immortalato in un celebre scatto del fotografo Casella all’uscita dell’ospedale; il professor Enrico Bracaloni (1900-1978), che a partire dagli anni ‘30 fu direttore dell’ospedale per molti anni; il dottor Corrado Cavina (1905-1975) che succedette al Giannantoni, le cui eccelse qualità professionali furono talmente apprezzate dai fabrianesi, tanto che si diffuse il modo di dire: "Questa non te l'aggiusta manco Cavina" – ad indicare, anche in senso figurato, una situazione talmente grave che neanche il miglior chirurgo, poteva risolvere.


tratto dal settimanale "L'Azione" del 20 febbraio 2021

 

 

 

 

 

 

L'ospedale del Buon Gesù

 

L'ospedale al complesso Sant'Agostino

 

L'ingresso dell'ospedale,

allora intitolato ad Umberto I

 

Il bombardamento dell'11 marzo 1944

 

L'ingresso dell'ospedale nel dopoguerra,

intitolato ad Engles Profili

 

Il busto di Engles Profili

oggi nell'atrio dell'ospedale


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