La
tombola a Fabriano
di
Pippo Rossi
Secondo
le memorie tramandate dai nostri avi il gioco della tombola era molto
praticato sia dai nobili che dal popolo,
specie nei caffè di Battaglia e di Boccolini, cominciando dalle
prime ore della notte di tutti
i giorni della quaresima. I premi come ci vengono tramandati dal Marcoaldi,il
cui merito è stato, tra gli altri quello di raccogliere le usanze ed i
costumi dei fabrianesi, consistevano per lo più in maritozzi, cioè piccoli
pani fatti con il fiore della farina (00), con lievito, anice, zucchero,
zibibo, olio e scorza d' arancio tagliata in piccoli pezzi. La forma del
maritozzo assomigliava alla spola del tessitore.
Non sto qui a dire come si giocava la Tombola perchè sembrerei
uno che pensa che gli altri siano tutti ignoranti perchè non c'è
fabrianese che almeno una volta nella vita , durante le lunghe serate
d'inverno, specie durante le feste natalizie, non ci abbia giocato insieme a
parenti e ai vicini di casa. Quello
che vorrei ricordare di questo gioco è il clima che si crea durante
l'estrazione dei numeri ( da 1 a 90)
fatta dal giocatore che tiene il cartellone,
dato dall' attesa spasmodica da parte di chi attende il numero per
fare terno, o cinquina o decina o tombola. " Tiralo sù, Gigè,
me manca 'n numero pè fa cinquina”. "Que te manca
Secò?”.
" Brao! Fossi fesso non
t’el dico, accoscì te
l' arbutti giù?”.
"Mannaggia! m'hi pelao... que te ce prenni gusto, pure te
aesso?” "Necola, Rosì! Cinquina
el cartellone”. " E que numero saria aesso Necola, Gigè, te voi
spiegà…”. " E' 21 Quintì'..”. "Allora ho fatto cinquina
anch'io”. Queste e altre
battute si intrecciavano durante il gioco, tenendo desta l'attenzione e
provocando a volte l' ilarità dei giocatori.
Forse anche oggi, durante le feste natalizie, al caldo del fuoco che
arde allegro sul focolare delle vecchie case patrizie fabrianesi, o dei
termosifoni degli appartamenti
del popolo, il gioco della tombola ancora si pratica come un rito
obbligatorio, senza il quale le feste di Natale non sono tali.
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