1- La famiglia
La
famiglia di Gentile, è noto, era una famiglia di mercanti. Il
bisnonno Massio di Venutolo abitante nel quartiere di San Biagio era
iscritto all'arte dei guarnellari. Era un tessitore di guarnelli,
cioè di grossi abiti usati dai contadini per lavorare i campi. Il
nonno, Giovanni, importante esponente della corporazione dei fabbri,
fu più volte priore della Confraternita di Santa Maria del Mercato e
sindaco del convento di Santa Caterina di Castelvecchio. Niccolò,
padre di Gentile, abbandonò gli affari alla morte della moglie per
vestire l'abito monastico degli olivetani. Alla morte del pittore un
documento attesta che fu Maddalena, nipote dello stesso, ad essere
nominata erede dei suoi beni. Clicca sull'immagine a fianco per
vedere l'albero genealogico completo. (Sassi 1928) |
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2- La casa natale
Vari tentativi sono
stati fatti in passato per individuare la casa natale di Gentile
nella speranza di avere, in mancanza di opere, almeno un luogo da
poter indicare all'appassionato o al turista. Riportiamo alcune
teorie. Il Tassi asseriva che il Gentile fosse un discendente della
famiglia che ospitò San Francesco e che quindi il palazzo di
famiglia fosse da individuarsi negli stessi ambienti di Via
Valpovera.
Nel 1971, in occasione
del VI centenario della nascita, scriveva invece Carlo Canavari che
grazie ad un manoscritto del '600 si era finalmente venuti a capo
della questione. Scrive il professore: « nel documento si afferma
che gli antenati di Gentile da Fabriano abitarono nel quartiere di
S. Biagio [...]. Il padre di Gentile, che fece parte dell'arte dei
"Guarnellari" (ossia dei tessitori), tenne in grande considerazione
questa corporazione di mestiere che nel seguito dei tempi la sua
casa nel quartiere S. Biagio fu ceduta all'organizzazione di
soccorso delle "tessare". Ora il sito ove si sviluppò questo asilo o
forse "ospizio" corrisponde alla costruzione di cui si parla, in cui
si riscontrano un portale a sesto acuto, un cortile di intonazione
gotica ». (Foto 1)
Ma già nel 1928 il
Sassi, prendendo le mossa dal testamento col quale il 10 ottobre
1485 Meo di Onofrio,
cugino di Gentile, dettava le sue ultime volontà « nel quartiere di
san Biagio presso una via vicinale ed i beni degli eredi di Pietro
Paolo di Giacomo ed i beni del barbiere Ventorino ed altri
confinanti » aveva individuato in altro luogo la casa di
Gentile. Scriveva a riguardo lo storico: « se pensiamo che il
testatore chiama per suo notaio un frate di S. Agostino, che in
questa chiesa si dispone le esequie e la tomba, che lascia lo stesso
frate notaio amministratore dei beni in condizione di parità con la
vedova; che lo nomina secondo erede universale in caso di morte dei
discendenti legittimi e, morendo lui, lega un terzo alla chiesa per
la fabbrica e per l'ornamento, è possibile supporre che questa
singolare propensione verso i monaci agostiniani abbia avuto la sua
base nella vicinanza oltre che nella devozione, e concludere che
questa casa fosse in uno di quei vicoli che sboccano nelle odierne
vie Ramelli, Saffi o Mazzini ». (Foto 2) |
1- Via Gentile
da Fabriano n.13
2-
Sant'Agostino - Sant'Agata - San Luca
(attuali Vie
Ramelli -Marconi - Saffi)
Affresco in
Sant'Onofrio (part.) |
3- La casa
dello zio
Da
un atto di acquisto datato 27 Maggio 1391, il Sassi (1928) individua
la casa di Marco di Massio, fratello del nonno di Gentile. Nell'atto
il padre del notaio ser Gaspare di Stelluto da Cerreto d'Esi vende a
Marco una casa in contrada "Erbaccia", confinante per tre lati con
la via; casa che viene individuata nel palazzo ex "foto Casella" in
quanto unica abitazione dell'area tra le odierne via Toti e via
Cavour che avesse una strada su tre lati. Lo studioso fabrianese fa
notare che l'allora ventenne Gentile avrà di certo frequentato tale
luogo. |
Palazzo
Casella |
4- Il
misterioso committente
Intorno alla pala della
Madonna con il Bambino tra San Nicola, Santa Caterina e un donatore,
proveniente dalla chiesa di San Nicolò di Fabriano, si sono spese
molte parole. In particolare a incuriosire è la figura del
committente inginocchiato. Chi è questo personaggio? Per quale
motivo aveva commissionato tale pregevole tavola? Un collezionista
veneziano così descriveva nel 1532 tale figura: « un ritratto
d'uno giovine in habito da chierico cun li capelli corti sopra le
orecchie, cun el busto fino al cinto, vestito di vesta chiusa, poco
faldata, di color quasi biggio, cun un panno a uso di stola negra,
frappata sopra el collo che discende giuso, cun le maniche
larghissime alle spalle et strettissime alle mani ». Il De
Marchi (1998) ipotizza che quest'opera fosse stata realizzata non
per la chiesa di San Nicolò, ma per il monastero di Santa Caterina
azzardando ad identificare il misterioso committente con il padre di
Gentile: Nicolò che, in quegli anni, abbandonava gli affari per
abbracciare la vita monastica. Oltre a chiarirsi così la presenza
dei due santi: l'una titolare del monastero, l'altro di lui omonimo,
si spiegherebbe anche come mai compaiano contemporaneamente un
simbolo da mercante e l'abito da chierico.
Marcelli (2006) notando
l'abbigliamento «elegante ma non sfarzoso» e analizzando
dettagliatamente l'«emblema di mercatura» avanza un'altra
ipotesi a riguardo: l'opera sarebbe stata commissionata, forse per
la sua tomba gentilizia, da Ambrogio di Bonaventura, ricco e potente
mercante fabrianese di carta bambagina. |
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5- Sul
polittico di Valle Romita
Nel 1405 Chiavello
Chiavelli acquista l'eremo di Val di Sasso presso Valleremita per
poi donarlo ai frati minori; per la chiesa il Gentile dipinge il
noto Polittico. Si può quindi ipotizzare che fu proprio il signore
di Fabriano e legato della serenissima a commissionare la tavola
(Christiansen 1982). Sappiamo che il Chiavelli morirà nel 1412
e che nel 1408 Gentile era già famoso e quindi da tempo a Venezia.
Dal 1409 al 1414 dipingerà qui gli affreschi di Palazzo Ducale.
Quando avrebbe allora lavorato al polittico di Fabriano? De Marchi
(1992) risolve ipotizzando che il lavoro, databile tra il 1405 e il
1412, fosse stato realizzato nella città lagunare e da lì spedito in
patria.
Una voce, forse
infondata, vuole che l'artista avesse voluto omaggiare la moglie di
Chiavello, Lagia, ritraendola come figura femminile in quest'opera. |
Valleremita di
Fabriano - Eremo di Val di Sasso
(Foto Casella
1920) |
6- Un opera di
Gentile a Fabriano ?
Dall'attenta
osservazione della formella in Piazza della Cattedrale raffigurante
lo stemma di Fabriano è negli ultimi tempi stata avanzata una tesi
assai suggestiva (Uncini e Marcelli 2006). Tratti di detta formella
presentano singolari somiglianze con alcune opere e con lo stile di
Gentile. In particolare la figura del fabbro può essere validamente
confrontata con il boia del polittico di Valle Romita. C'è la mano di
Gentile in persona o, come il Maestro di Staffolo, anche l'ignoto
scultore ha voluto ispirarsi a opere dell'artista presenti allora in
città? Marcelli ipottiza che l'autore possa identificarsi con Marco
di Massio di Venutolo, cugino di Gentile e all'epoca apprezzato
scalpellino in città.
A riguardo l'intuizione
di Uncini:
contributi/XIV_XV/opera_gentile.htm
|
Particolari
dal polittico di Valleromita (sx)
e dalla
formella in Piazza della Cattedrale (dx) |
7- Maniche
aperte, una figlia e il salvacondotto
Per capire lo stile di
vita che doveva condurre il maestro riportiamo tra stralci da tre
fonti diverse:
Il Sansovino (1581)
scriveva nel suo Venetia città nobilissima e singulare: «
il quadro del conflitto navale, fu ricoperto da Gentile da Fabriano
Pittore di tanta reputazione che avendo provisione un ducato il
giorno, vestiva a maniche aperte ».
Ciò a significare che
fosse benestante e vestito "alla moda".
Chiappini di Sorio
(1973) rintraccia invece a Brescia un atto datato giugno 1416 nel
quale si attesta il battesimo da parte dell'arciprete di Brescia di
una bambina, figlia di Gentile.
Non avendo alcuna
notizia di matrimoni o legami sentimentali del pittore molto si è
fantasticato su tale atto, ma nulla di certo si è potuto dire.
Christiansen (1982)
evidenzia un altro documento del periodo bresciano con data 18
settembre 1419 ed è la richiesta a Pandolfo Malatesta di poter
lasciare il suo servizio e ottenere un salvacondotto « per octo
persone et octo cavalli ».
L'imponenza del seguito
testimonia l'agiatezza del maestro. |
Brescia in una
carta del 1470 |
8- Il vero
volto di Gentile
Per
secoli si è identificato il volto di Gentile con il personaggio che
nell' Adorazione dei Magi rivolge lo sguardo al pubblico.
Anche il Vasari nelle sue Vite (1568) inserisce questa
immagine in una fastosa cornice riportando nell'iscrizione "Gentile
da Fabriano. Pittore" scrivendo nel testo che "In Fiorenza
nella sagrestia di Santa Trinità fece in una tavola la storia dé
Magi nella quale ritrasse se stesso di naturale". In realtà data la giovane età del raffigurato
( incompatibile con l'età di Gentile già avanzata ), ma anche la
presenza del falco, identificativo della casata degli Strozzi, si
ritiene oggi si tratti del figlio di Palla Strozzi, ricco mercante
committente dell'opera. Di recente (Marcelli, 2006) partendo da un
raffronto con la riproduzione della pietra tombale di Gentile già in
Santa Maria Nuova a Roma avanza la seguente ipotesi: "Il
volto di Gentile da Fabriano, caratterizzato da una barba corta, a
nostro giudizio può essere individuato all'interno dell' Adorazione
dei Magi nella figura di un personaggio sistemato di spalle al
gruppo dei Magi, dipinto dal pittore nell'atto di togliersi il
cappello rosso al cospetto di Palla di Nofri Strozzi." |
In rosso il
"vecchio" volto di Gentile,
in giallo
quello di recente identificazione.
|
9- Le
circostanze della morte
Tra
l'agosto e l'ottobre del 1427 Gentile, a Roma per dipingere un imponente
ciclo di affreschi in San Giovanni in Laterano, muore
improvvisamente. Non si conoscono le cause della sua morte che,
probabilmente, fu dovuta a motivi naturali o a un' improvvisa
malattia. Una tradizione del tutto priva di riferimenti vuole che il maestro si spense a seguito
dell'avvelenamento dovuto alle
sostanze che utilizzava per preparare i colori. |
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10- Sul luogo
della sepoltura
"Venne
sepolto a Roma nella chiesa olivetana di Santa Maria Nova (Santa
Francesca Romana), ma la sua tomba, tranne pochi frammenti, è oggi
perduta" (Zampetti-Donnini 1992). Nella chiesa, scrive il
Vasari, Gentile dipinse in affresco una delle sue ultime
opere. Una ricognizione dei primi anni del secolo scorso non ha però
portato alla luce alcuna traccia dell'opera.
L'individuazione del
luogo di sepoltura in Santa Maria Nuova appare plausibile in primo
luogo perché la chiesa, dove Gentile aveva operato poco prima della
sua morte, era la sede romana dei monaci olivetani, stesso ordine
cui appartenevano il padre e lo zio del pittore ritiratisi nel
monastero fabrianese di Santa Caterina (Sassi 1925), in secondo
luogo per due iscrizioni marmoree oggi perdute ma di cui si ha
ancora documentazione.
La prima è una pietra
tombale nella quale si legge la dicitura incompleta " ..T MAGISTER
..ABRIANO PICTOR" arbitrariamente interpretata come "HIC REQUIESCIT
MAGISTER GENTILIS DE FABRIANO PICTOR" (Lugano 1925) riprodotta da un
copista seicentesco (vedi immagine a fianco); la seconda è invece un
epitaffio trascritto qualche
decennio dopo la morte del pittore da un ignoto visitatore sul verso
di un codice miniato tuttora conservato presso la biblioteca
Laurenziana di Firenze, un testo la cui traduzione dal latino
(D'Ancona 1908 - Grassi 1953) può essere la seguente:
SE MAI FOSSE CONCESSO
CHE LE DIVINE MUSE PIANGESSERO, ALLORA SAREBBE IN LACRIME PER LA
MANCANZA DI PITTORI LA DIVINA MUSA.
PENSO INFATTI CHE TU
SAPEVI DIPINGERE NELLE TUE COMPOSIZIONI VOLTI VIVENTI, COME PROVA
L'OPERA TUA COMINCIATA NELLA GRANDE BASILICA DI SAN GIOVANNI.
SE POI QUALCUNO VUOL
CONOSCERE IL NOME E LA PATRIA DI COSTUI, SAPPIA CHE IL NOME E'
GENTILE E LA CITTA' NATALE FABRIANO.
EGLI STESSO DOMANDA PER
SE' UNA RICOMPENSA A TALE SUA OPEROSITA', E ANCHE TU, O VIANDANTE,
IMPLORA PER LUI L'AIUTO DEL SIGNORE
cui si aggiunge una
quartina inizialmente omessa dagli storici e riemersa da una recente
rilettura del documento (Zenobi 2006):
O ROMA ANTICA,
FINCHE' TI GOVERNARONO GLI ANTICHI QUIRITI,
NE' ALCUN
BUONO NE' ALCUN MALVAGIO SI SOTTRAEVA AI DOVERI.
AI PADRI
DEFUNTI SUCCEDETTE UNA MALVAGIA GIOVENTU'.
PER IL CUI
CONSIGLIO PRECIPITATA VA IN ROVINA.
l'ipotesi avanzata è
che si tratti di una "sostituzione" per cui occorrerebbe leggersi
Fabriano anziché Roma e che il richiamo nostalgico sia da riferirsi
dunque al buon governo di Chiavello Chiavelli signore di Fabriano
contrapposto alla prepotenza e crudeltà di Battista Chiavelli, al
potere al momento della morte del pittore, e che di lì a poco per le
sue angherie avrebbe trovato la morte insieme ai consanguinei
(strage dei Chiavelli 1435) .
Nel 1952, anno del
rifacimento della pavimentazione della chiesa, in Santa Maria Nova a
Roma fu
posta per volontà dell'amministrazione comunale fabrianese una
lapide a ricordo dell'artista il cui testo è riportato da Beltrame (2003):
GENTILE DA
FABRIANO
MORTO
NELL'ATTIGUO CENOBIO DEI MON. OLIVETANI
SEPOLTO
IN QUESTA
VETUSTA BASILICA DI S. MARIA NOVA
PRESSO LA
GLORIOSA EFFIGE
DELLA VERGINE
COL FIGLIO
GIA' DA LUI
ESEGUITA IN AFFRESCO
AMMIRATISSIMA
DA MICHELANGELO
MCCCLXX -
MCDXXVII
CON RIMPIANTO
DELL'OPERA E DELLA TOMBA
SCOMPARSE NEL
SEC XVII
I MONACI
OLIVETANI
COOPERANTI IL
MUNICIPIO ED ENTI FABRIANESI
SEGNANO QUI
REVERENTI
LA MEMORIA DEL
GRANDE PITTORE
RICORDANDO I
RESTI DELLA LAPIDE ORIGINALE
HIC REQUIESCIT
MAGISTER
GENTILIS DE
FABRIANO PICTOR
AD MCMLII
|
Roma, Santa
Maria Nuova
Riproduzione
della pietra tombale già
in Santa
Maria Nuova a Roma |
11- Le feste
per il V centenario
Nel
1927 la Società Fabrianese per la Tutela del Patrimonio Artistico ed
Archeologico promosse varie iniziative (conferenze, ricevimenti,
serate di gala…) per festeggiare il 5° centenario della morte del
grande Gentile. Vennero anche dati alle stampe tre bollettini ricchi
di autorevoli interventi e studi sul pittore. Tra le firme troviamo:
- Bruno Molajoli, fabrianese e insigne storico dell’Arte - direttore
del museo di Capodimonte
- Romualdo Sassi, Onofrio Angelelli e Romualdo Castelli, storici
fabrianesi
- Corrado Ricci e Alessandro Chiappelli, senatori |
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12- Il monumento a
Gentile
Ecco
la storia del monumento a Gentile ancora oggi visibile nell’ala
sinistra del Palazzo del Podestà. Il grande fermento che animava gli
animi degli organizzatori del 5° centenario (1927) fece
concretizzare anche l’idea, già manifestata alla fine dell’800, di erigere un
monumento al grande pittore fabrianese. L’apposito “Comitato
esecutivo per la erezione di un monumento a Gentile” costituito allo
scopo aveva già fatto un primo tentativo facendo scolpire dal
concittadino Francesco Fabi Altini il busto che si trova ora
all’ingresso del teatro Gentile, ma non si era riusciti a trovare
una degna collocazione. Il 1° luglio 1928 si scoprì invece
finalmente la definitiva targa realizzata dall’artista Giuseppe
Tonnini. Allo storico Romualdo Sassi era stato affidato il compito
di redigerne l’iscrizione: “A GENTILE DA FABRIANO NEL V CENTENARIO
DELLA MORTE LA TERRA NATALE CH’EGLI ILLUMINA DELLA SUA GLORIA
MCDXXVII – MDCCCCXXVII” |
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