I
Palazzi di Via Corso Grande
(Via
Gioberti)
di
Pippo Rossi
Dalla
piazza di san Domenico scendendo per la via
del Corso Grande (attuale via Gioberti) parallela alla via
della Case Grandi (Balbo), si incontrano molti palazzi e case
appartenenti alle famiglie fabrianesi più in vista che esistevano ed
alcune ancora esistono nella Fabriano d’oggi che al contrario di
quello del 1700, non si preoccupa minimamente di conservare questi
palazzi, così come i nostri antenati ce li hanno lasciati, bensì
cercano in tutte le maniere di alterarne la fisionomia
specie quella dei vari locali interni, in nome del progresso e
delle comodità. Un esempio di quanto sopra detto si può vedere
guardando il palazzo
posto ad angolo con via Chiavelli che porta ai giardini
pubblici. Una volta che negli anni venti, venne aperta la via
sopradetta
abbattendo il caseggiato che univa l’abside di santa Lucia
con la casa della famiglia Piccinini,
nei cui locali a pianterreno fino agli anni cinquanta la
famiglia Montanari, proprietaria
del palazzo di fronte appartenuto ai Licini,
conservava le pelli da conciare, e anche un auto Alfa Romeo d’epoca,
negli anni cinquanta questa casa venne demolita e al suo posto venne
costruito un anonimo palazzo con i denari provenienti da attività non
degna di essere nominata, anche se allora lecita e benedetta dalle
leggi della stato. Subito dopo il sopradetto palazzo troviamo il
palazzo Giampè
-
Taruferri
-
Gioia,
dove vivono ancora i superstiti della famiglia del dottor Gioia
segretario comunale e fratello del canonico Don
Nicola Gioia parrocco di Santa Maria in Campo per oltre
cinquat’anni, al quale successe don Lorenzo Molaioli, ora
la parrocchia è retta dal pro vicario don Alfredo Zuccatosta.
Detto palazzo venne costruito sul luogo dove anticamente era la chiesa
di santa Lucia Vetere abbandonata e poi distrutta, allorquando venne
costruita dai frati
domenicani la nuova chiesa titolata sempre alla santa catanese
protettrice della vista, situata non molto lontano da questa. Separato
da un vicolo cieco, sempre sulla destra
troviamo il plazzo che appartenne alle famiglie: Semprebene
- Licini
- Lori
- Fornari,
quest’ultima famiglia
fu proprietaria di cartiere
e concerie fino ai principi del 1900. Fornari Romualdo, come ci
ricorda il professor Sassi nel suo il “Chi è” fabrianese, oltre
che essere
un industriale e proprietario dell’antica e rinomata
cartiera, fu un
raccoglitore di pregevoli pitture dell’antica scuola
fabrianese che vennero conservate nel palazzo sopradetto, purtroppo
oggi la preziosa collezione è stata
dispersa. Nella biblioteca comunale, invece, sono conservati i
manoscritti di cronaca fabrianese del de Vecchi, acquistati dal comune
di Fabriano dagli eredi Fornari su interessamento del dottor Giancarlo
Castagnari, allora dirigente della biblioteca. Ora il palazzo, è in
via di ristrutturazione, ma i lavori sono stati fermati dal
sovrintendenza perché non si sono rispettati i vincoli
architettonici, solo di recente
sono stati ripresi. Subito dopo casa Fornari separato da
un vicolo chiuso esiste il palazzo, di proprietà degli eredi
della nobile famiglia Rosei,
nelle cui stanze furono conservate, fino agli anni quaranta le
preziose pergamene appartenenti al monastero di san Vittore delle
Chiuse, ivi portate dall’abbate
Olivetano di santa Caterina martire, Rosei, per sottrarle ai
francesi. Anche
il quadro del Gentileschi rappresentante santa Francesca Romana venne
conservato tra le mura del palazzo, ora è custodito nella galleria
nazionale di Urbino. La preziosa collezione di minerali e fossili,
raccolta da un rampollo della famiglia Rosei, faceva bella mostra di sé
in alcune stanze della nobile dimora: ora è conservata
nelle stanze dell’Istituto Agrario Statale: vi fa parte anche
due
vertebre attribuite ad un dinosauro. Di seguito, diviso dal
vicolo chiuso, c’è il palazzo appartenuto a Raccamadoro,
indi dopo altri passaggi di proprietà alla famiglia
del professor Galante, e della dottoressa Bolzonetti. Attaccato
a questa casa
c’è il palazzo appartenuto alla famiglia Manari,
dove forse nacque Antonio da Fabriano. Dell’antica costruzione sono
conservati resti di archi in pietra messi in luce nella
ristrutturazione del palazzo. Questo dal 2° lato è separato da un
vicolo del ponte, dal terzo lato da un vicolo cieco con un pozzo
quattrocentesco, e dirimpetto il largo Rismondo e la via della Porta
Rotta, dal quarto le mura cittadine.
In
fondo alla via Gioberti, proprio davanti alla chiesa dei gesuiti
(Sacro Cuore) è situato il palazzo appartenuto alla famiglia Santacroce,
poi ai Maroncelli ed infine ai Calpista.
In questo palazzo fino agli anni quaranta c’era il commissariato di
pubblica sicurezza. Davanti alla facciata laterale della Cassa di
Risparmio, dove fino al 1900 c’era la sagrestia dell’antica chiesa
di san Giovanni del Cantone, oltre una casa ben conservata del
trecento dove in un locale a pianterreno c’era l’osteria di Pecci,
ed ora la rivendita di giornali di Annibale Casadio. Esiste ancora il
palazzo Ambrosi sulla Strada
Grande, da un lato dirimpetto alla porta della sagrestia di san
Giovanni del Cantone, dal secondo lato (il laboratorio) di mastro
Giovanni Antonio Garbanti falegname e intagliatore, dal terzo il
vicolo et altri lati. Con questo palazzo termina l’elenco delle case
più importanti di via Gioberti.
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Palazzo Rosei
Vicolo di fianco
a Palazzo Manari
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