Fra gli Appennini
Salvete o monti della patria mia
Sempre di vita pieni,
O che risplenda il sole, o che la ria
Procella si scateni!
Se il dolce canto al lume della luna
Modula l’usignuolo,
E i suoi lamenti alla foresta bruna
Affida mesto e solo:
Se la notte è profonda, e fitta neve
Cade, e nel buio cupo
Rompe talvolta quel silenzio greve
L’ululato del lupo:
Solenne sempre è la quïete e il sonno
Che domina sublime
Le tetre valli e che scuoter non ponno
Le più superbe cime.
Quando il torpido gel scioglie l’aprile,
E sulle vostre vette
Il faggio rinverdisce, e dall’ovile
Tornano le agnellette:
Quando l’autunno col suo fulvo velo
Scende sui vostri boschi,
E fanno tristi i campi il primo gelo
E i brevi giorni foschi:
I torrenti, le valli e le pendici
Ammiro ed amo, quanto
Suole un core gentile i veri amici,
Compagni al riso e al pianto.
Come è bello veder sul fin del giorno
Le nuvole infocate
Sulle spalle posarvi, e l’altre intorno
Nel fosco ciel smorzate!
Come è bello, veder da quella cima
Che lo nascose al piano,
Giovine il sole uscir come la prima
Volta dall’Oceàno!
Piaccia ad altri goder d’altri contenti,
Talor ne goda anch’io;
Ma certo non fia mai che mi tormenti
Alcun altro desio,
Allor che nel silenzio fra i colori
Dell’iride, fra i suoni
Varî degli elementi, ai primi albori,
Come nelle regioni
Degli astri, un inno sale in vetta al monte
Dall’universa vita,
E si fonde col cielo all’orizzonte
Nell’armonia infinita.
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Monte San Vicino
Però ch’io v’amo e penso a le disperse
Fiorenti selve antiche,
E al cercato tesor che non emerse
Del volgo alle fatiche.
E non vi veggo adesso o cari monti
Quai foste a dì men rei,
Né sedermi poss’io a’ vostri fonti,
Siccome i padri miei,
All’ombra secolar d’elci e di faggi,
Nella calda stagione,
Che sull’arido suol piombano i raggi
Del torrido Leone!
Per le tagliate a picco orride rupi
V’amo, e pei dolci clivi,
Pei precipizî de’ burroni cupi
E per gli ameni rivi.
V’amo per le robuste villanelle
De’ vostri vaghi fiori,
De la beltà de la salute belle,
Sogno de’ primi amori.
V’amo, perché mi par che squarci il velo
Lo spazio indefinito
Da quelle altezze, onde fanciullo il cielo
Credea toccar col dito;
V’amo, pe’ vostri splendidi orizzonti,
Per la vostr’aria pura,
Perché l’opra più bella, o sacri monti,
Siete della natura. |
Gian Battista Miliani
(1856-1937)
Insigne personaggio.
Industriale ampliò e perfezionò la cartiera paterna estendendo le vendite a
tutto il mondo. Appassionato di agricoltura, alpinista e viaggiatore. Amò la
poesia e la storia. Fu sindaco e podestà di Fabriano, deputato, senatore e
ministro dell'agricoltura.
BIBLIOGRAFIA
G.B. Miliani, "Fra gli Appennini" Estratto dall’Annuario 1887
della Sezione di Roma del Club Alpino Italiano Roma Tip. Sciolla 1888.
R.Sassi, "Il chi è? fabrianese" Fabriano 1958
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