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Il b.Francesco Venimbeni

e frate Leone

 

di Federico Uncini

 

La Cronica Fabrianensis del beato F.Venimbeni, databile 1319, è un piccolo codice composto di 17 fogli: il primo è di pergamena e andò perduto tra il 1796 e il 1803 ad opera dei guastatori di libri, ghiotti di pergamene; gli altri erano di bambacina, la carta che le cartiere di Fabriano andavano per la prima volta producendo in quegli anni (a.1315): furono visti fino al 1856, poi anch'essi si volatilizzarono, probabilmente nel corso della soppressione del 1861. Comunque la Cronica era già stata trascritta da vari autori; ne abbiamo perciò praticamente integro il contenuto.

Essa e una memoria autobiografica: il b.Francesco vi scrive le notizie essenziali sulla propria vita, la famiglia, il suo ingresso nell'Ordine, come pure sull'origine e lo sviluppo dell'Ordine Francescano a Fabriano.

E' lui stesso che ci parla dei suoi genitori, della sua visita alla tomba di S. Francesco in Assisi, dell'incontro con frate Angelo Tancreti da Rieti.

Ci fornisce i nomi e un breve profilo dei frati più illustri vissuti nel nuovo convento di S. Francesco. E' attraverso questa Cronica che sappiamo che S.Francesco e stato a Fabriano, perché qui è scritto che il Santo si confessò più volte dal Beato Raniero al tempo in cui questo era pievano di Civita:

«Nel 1260, quando io ero novizio, morì fra Raniero, pievano di Civita, dal quale san Francesco si è confessato più volte, quando era pievano, predicendogli che sarebbe stato dei nostri. È stato veramente un sant’uomo e un vero Frate Minore».

L'operetta ci conferma altre notizie, più tardi poste in discussione: ad esempio, dice di aver visto gli scritti di frate Leone con i suoi stessi occhi quindi frate Leone ha scritto qualcosa.

Il Venimbeni ha un ricordo del suo noviziato con frate Leone, un intimo del Serafico d'Assisi. La incontrò in Assisi, dove era andato per l'in indulgenza del Perdono, il 2 Agosto 1268. Frate Leone ormai vecchissimo: morirà tre anni dopo, nel 1271; ma soprattutto era deluso e ferito. Proprio in quegli anni il generale Bonaventura aveva ultimato quell'operazione unita, legalizzata con le costituzioni Narbonesi del 1259, sostenuta con la sua nuova vita di S. Francesco d'Assisi, la legenda maior e la leggenda minor, vita imposta all'Ordine nel Capitolo di Pisa (maggio 1263) con il comando di distruggere tutto quello che era stato scritto fino a quel momento sulla vita del Fondatore, comprese le vite di Tommaso da Celano, la legenda dei tre Compagni (probabilmente Frate Leone, Frate Angelo Tancredi, Frate Ruffino), lo Specchio di perfezione dello stesso Frate Leone.

Costretto al silenzio, non rimaneva che vivere le ultime battute del dialogo della perfetta letizia, di sopportare eroicamente di non essere riconosciuto come vero Frate Minore: «Scrivi, frate Leone pecorella di Dio, qui e perfetta letizia».

Nella memoria del Venimbeni non e riferito tutto questa: il vecchio diffidava ormai d'aprirsi col primo venuto, forse il giovane aveva già impostato con chiarezza la sua linea: cercare le cose che uniscono, evitare le cose che dividono.

E allora egli scrive soltanto: Ad memoriam in futurum. Ecco, io frate Francesco da Fabriano, inutile e indegno frate minore, riferisco in questa scrittura quello che ho letto e visto autenticato col Sigillo del Signor Vescovo d'Assisi riguardo all'indulgenza della Porziuncola ...

E questa me l'ha testimoniato Frate Leone, uno dei compagni di S.Francesco, uomo di vita provata, che io ho incontrato l'anno che sono venuto tra i Frati. Frate Leone mi racconto di aver ascoltato dalla bocca di S.Francesco come la ottenne da nostro Signore e da papa Onorio III. Nei giorni dell'incontro tuttavia non parlarono solo dell'indulgenza del Perdono. Il giovane ispirava fiducia, e il vecchio gli mostrò una copia della sua Leggenda dei tre Compagni, che ormai si poteva leggere solo sottobanco, come un libro galeotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il beato

Francesco Venimbeni

 


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