I "fratelli" fabrianesi
di San Francesco
di Federico Uncini
S.Francesco fu molto legato alla città di Fabriano per le amicizie che aveva maturato con i compagni d’armi durante la guerra con Perugia.
La leggenda dei tre compagni descrive la prigionia di Francesco con altri cavalieri:
"Tra Perugia e Assisi si erano riaccese le ostilità durante le quali Francesco fu catturato con molti suoi concittadini e condotto prigioniero a Perugina. Essendo signorile di maniere, lo chiusero in carcere insieme con i nobili. Una volta, mentre i compagni di detenzione si abbandonavano all’avvilimento, lui ottimista e gioviale per natura, invece d lamentarsi, si mostrava allegro. Uno dei compagni allora gli disse che era matto a fare l’allegrone in carcere."
Francesco ribatté con voce vibrata. "Secondo voi, che cosa diventerò io nella vita? Sappiate che sarò adorato in tutto il mondo”.
Un cavaliere del suo gruppo fece ingiuria a uno dei compagni di prigionia; per questo, gli altri lo isolarono. Soltanto Francesco continuò a essergli amico, esortando tutti a fare altrettanto. Dopo un anno, tra Perugina e Assisi fu conclusa la pace e Francesco rimpatriò insieme ai compagni di prigionia.
Uno di questi fu Guelfolino Sasso, (Console del Comune Libro Rosso- Fabriano 1226 n.74). Lo troviamo citato in un atto datato 30 gennaio 1224 stipulato presso la chiesa di S.Venanzo per un solenne trattato col quale l'abate Damiano sottomette a Fabriano, col consenso dei dieci monaci della comunità, gli uomini, con i loro mansi e le terre soggetti all'Abbazia di S.Maria d'Appennino.
Questo personaggio era proprietario dell’eremo di Valdisasso che mise a disposizione del Santo durante le sue visite a Fabriano.
Gilberto e Girardo di donna Maria moglie del fù Alberico di Gentile furono testimoni in diverse cessioni al Comune tra il 1200 e il 1246.
Gentiluccio figlio di Sasso,forse fratello di Guelfolino potrebbe essere quel nobile Gentile descritto nella “leggenda dei tre compagni” che nominò cavaliere Francesco prima della sua partenza per la Puglia. ”Un nobile assisano, desideroso di soldi e di gloria, prese le armi per andare a combattere in Puglia. Venuto a sapere la cosa, Francesco è preso a sua volta dalla sete di avventura. Così, per essere creato cavaliere da un certo Gentile prepara un corredo di panni preziosi; poiché, se era meno ricco di quel concittadino, era però più largo di lui nello spendere”.
Todino di Aberico Chiavelli, console. Questo personaggio il 21 ottobre 1212 stipula un trattato di sottomissione del castello di Pierosara e i suoi uomini con l'abbate Morico dell'abbazia di S.Vittore delle Chiuse. Anche lui importante signore del Comune (bonis homines) lo troviamo citato in diversi atti tra il 1211 e il 1224.
Alberto di Rinaldo di Rodolfo Chiavelli, fu console del Comune negli anni 1231-1233 ed è presente come testimone in varie cessioni dal 1199 al 1224.
Offreduccio di Pietro di Rodolfo di Cacciano, signore dell’omonimo castello è nominato nell’atto di sottomissione dei suoi uomini del 25 ottobre 1227.
Bulgarello console nel 1211.
Questi signori fabrianesi amministrarono il Comune nei primi anni del 200’; furono i cavalieri che partirono con un esercito, nel 1202, in aiuto ad Assisi, per combattere la stessa causa. In quello sfortunato conflitto ebbero l’occasione di fare conoscenza con un cavaliere che risvegliò le coscienze della gente da quel periodo in poi. Conobbero un Francesco d’Assisi non ancora mistico, ma spavaldo e avventuriero come loro ed insieme divisero alcuni mesi di prigionia a Perugia. In quell’esperienza nacque un forte legame d’amicizia tra loro che rimase impresso nell’animo al Santo, soprattutto per la solidarietà e la fratellanza che i cavalieri dimostrarono in quell’occasione. Ciò spinse il fraticello nell’anno stesso dell’approvazione della sua regola da parte di papa Innocenzo III (a.1209), a rivedere i suoi amici fabrianesi.
Probabilmente in quell’incontro a Fabriano, in casa di Donna Maria, si discusse della nuova vita intrapresa da S.Francesco, basata sulla solidarietà cristiana, nata in lui proprio in quel carcere di Perugia durante le lunghe giornate trascorse con i “fratelli” fabrianesi.
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