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Un insolito reperto

 

 di Fabrizio Moscè

 

 

REALTA’ E FANTASIA STORICA - Quante volte nel fabrianese abbiamo ascoltato racconti di antichi tesori sepolti, di reperti trovati casualmente durante scavi e subito fatti sparire per evitare blocchi ai cantieri, di statue e vasellame emersi dai lavori di aratura? Anche se spesso nei racconti e nelle leggende popolari un fondo di verità c’è, uno studio serio del passato non può basarsi su di essi perché oggi, molto più di ieri, conta la scientificità del metodo di analisi e della ricostruzione storica. L’approccio corretto quindi deve necessariamente basarsi su fonti storiche di provata originalità e lo stesso principio deve applicarsi per eventuali reperti restituiti dal territorio, i quali possono considerarsi attendibili e degni di attenzione se esistono veramente e non “per sentito dire”, o quantomeno se di essi è disponibile una nitida fotografia, oltre al fatto che noto deve essere il luogo di ritrovamento, possibilmente attestato da documentazione. Per quanto frammentaria e difficoltosa questa è la strada da seguire e non sono ammesse scorciatoie. Questo non vuol dire che non si debbano formulare ipotesi per eventuali periodi non coperti da documentazione storica, ma è necessario evitare l’errore di trasformarle pian piano in realtà di fatto. Le ipotesi, tutte le ipotesi, rimangono tali fino all’emergere di prove certe. Al contrario, fino ad un passato relativamente recente non esisteva una vera oggettività del metodo, così che alcune parti della storia locale furono ricostruite piuttosto arbitrariamente, sulla base di dubbi ritrovamenti, fonti storiche di non accertata veridicità e attribuzioni toponomastiche non supportate da adeguati studi glottologici. Non solo, certi periodi vennero per così dire interpretati secondo tesi “di tendenza”, cioè in voga al momento. La storia preromana dell’Italia, ad esempio, fu a lungo oscurata dal preponderante interesse per la cultura greco-romana, inoltre il clima culturale del Risorgimento prima, degli eruditi settecenteschi poi e infine del fascismo, aveva imposto una visione romanocentrica della storia d’Italia, riportata nelle sue reali seppur importanti dimensioni, solo a partire dalla seconda metà del ‘900. Nonostante la scientificità del metodo tenda a non lasciare margini all’interpretazione soggettiva e alla fantasia, non crediate che la nuda realtà storica abbia risvolti meno interessanti ed intriganti. Come diceva Pirandello “la realtà supera di gran lunga la fantasia perché la realtà, a differenza della fantasia, non si preoccupa di essere verosimile perché è vera”. Il ritrovamento di questo inconsueto oggetto ne è la prova!
 
A FABRIANO UN ANTICO UOVO DI STRUZZO DI 2700 ANNI – Cosa ci faceva un uovo di struzzo dell’età del ferro nella piana di Fabriano? Possibile che questi animali un tempo vivessero qui? Purtroppo parliamo di un oggetto andato perduto del quale è rimasta solo questa vecchia foto, ma di esso conosciamo la cosa più importante, cioè che proveniva dalla necropoli umbro-picena di Santa Maria in Campo, trovato durante la campagna di scavi archeologici condotti dall’archeologo Innocenzo Dall’Osso nel 1915. Già, emerse proprio da una tomba insieme a tanti altri reperti, perché questi enormi gusci d’uovo (integro arriva a pesare fino ad 1,5 Kg!) erano utilizzati come “oinochoe” cioè brocche per il vino, quindi non di rado finivano nei corredi funebri dei loro possessori. Non che gli antichi abitanti della conca di Fabriano non fossero in grado di realizzare contenitori in altro materiale, tutt’altro, erano maestri sia nell’arte della lavorazione dei metalli che delle terracotte come dimostrano i tantissimi reperti recuperati, il fatto è che l’uovo di struzzo rappresentava un vezzo dell’epoca, un oggetto simbolico, raro e prezioso molto apprezzato in quel periodo dell’arte antica che non a caso è definito “orientaleggiante”. L’uovo, il cui luogo di origine è chiaramente l’Africa, rivela la fitta rete di scambi commerciali che legava i popoli che si affacciavano sul Mediterraneo. Insomma gli antichi erano probabilmente più interconnessi di noi.



articolo pubblicato su "L'Azione" del 23 ottobre 2021


 

 

 

 

 

 

 

 

L'uovo di struzzo

rinvenuto dal Dall'Osso


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