I pionieri dell'esplorazione alla
"Caverna del Monte Cucco"
di Euro Puletti
La Grotta di Monte Cucco, profonda ben 922 m, e lunga
oltre 30 km, costituisce, in assoluto, uno dei fenomeni carsici più
rilevanti d’Italia. Fra i primi ad esplorare questa “meravigliosa
regione sotterranea” (parole di Giambattista Miliani), il 28
luglio 1670, vi fu il nobile fabrianese Tommaso Agostino Benigni. Così
si esprimeva, il gentiluomo di Fabriano, in un discorso, tenuto,
durante il carnevale del 1671, all’“Accademia dei Disuniti”, di
cui egli era, allora, membro illustre, circa i corsi d’acqua che si
sarebbero originati dalla Grotta di Monte Cucco: “[…] Dal seno di
monte Cucco n’escono sette fiumi [...] così è, signori; sette
fiumane escono dal seno di monte Cucco [...] quattro di essi
rendono orgoglioso il Sentino e tre fanno terribile il Chiaso
[...]”. Tale pubblico ragionamento fu, successivamente, riportato, in
maniera integrale, su di una pubblicazione, resa edita dal marchese
cavalier Costantino Benigni Olivieri, il quale, nel 1922, volle,
allora, dedicarla alla Società Escursionisti di Fabriano ed al suo
presidente onorario, senatore commendator Giambattista Miliani, in
concomitanza con l’inaugurazione della scala d’accesso alla Grotta di
Monte Cucco.
Forse sulle ali dell’entusiasmo, suscitato dalla
lettura dell’originario resoconto manoscritto dell’esplorazione di
Tommaso Agostino Benigni, e di tredici altri Fabrianesi, vola ad
indagare la Grotta di Monte Cucco, nel XVIII secolo, un altro celebre
Fabrianese: Giovanni Battista Casini. Abate, umanista e
naturalista di vaglia, nato a Castelletta di Fabriano nel 1761, e
dimorante nel monastero silvestrino fabrianese di San Benedetto,
Casini fu, probabilmente, l’autentico antesignano dell’esplorazione
scientifica alla Grotta di Monte Cucco. Questi, infatti, intinto
com’era di cultura illuministica, e, dunque, apertissimo alla scienza,
enunciò principi innovatori di geologia, geomorfologia,
biospeleologia, paleontologia e climatologia. “Se è difficile e
pericolosa la visita di questa famosa caverna -ebbe a scrivere il
Casini nella sua relazione sulla cavità carsica umbra- il piacere
che dà la sua magnificenza compensa bene ogni pena”. Tra il giugno
del 1883 e l’aprile del 1892, il Fabrianese Giambattista Miliani,
brillante industriale cartario, e, poi, senatore del Regno d’Italia,
forse sospinto dall’esempio dello studioso perugino di tradizioni
popolari, Professor Giuseppe Bellucci, inizia l’epopea esplorativa di
quello che va, comunemente, sotto il nome odierno di “Ramo Turistico”
della Grotta di Monte Cucco. Miliani era un valente alpinista,
iscritto alla sezione di Roma del Club alpino italiano. Fu proprio
alle 303 pagine del numero 58, volume XXV, del bollettino del C.A.I.,
stampato ed apparso tra il 1891 ed il 1892, ed intitolato “La caverna
di Monte Cucco”, che il Miliani affidò il resoconto delle sue
accuratissime, reiterate, e quasi decennali, ricognizioni alla
cavità. Interessatosi, appassionatamente, alla speleologia, il grande
Fabrianese aveva già visitato molte grotte sugli Appennini, il Carso
ed i Carpazi, ma mai gli era capitato, sino ad allora, per sua
esplicita ammissione, d’incontrarne una così maestosa, vasta, ed
interessante, come quella di Monte Cucco. Il Cucco era quel “Monte
Grande” (“Monte Cucco overo Monte Grande”, così è citato in
un documento fabrianese del 1491), che, sempre, sin da bambino, aveva
visto innalzarsi, maestoso, ad occidente, sopra la conca di Fabriano.
Il 20 agosto 1922, quando, per rendere agevole l’accesso alla cavità,
la S.E.F. (Società Escursionisti Fabriano) mise in opera la famosa
scala di ferro, sul bordo esterno dell’ingresso alla Grotta di Monte
Cucco esisteva ancora il “ceppo d’acera” (molto probabilmente
un Acero di monte [Acer pseudoplatanus]), descritto da Miliani
(mentre altri scrive, già nel 1884, “faggio”), che consentì, a
molte generazioni di esploratori, la discesa dei trenta metri del
pozzo d’ingresso, giustamente denominato Pozzo Miliani. La
pianta fu, infatti, già utilizzata, quale ancoraggio, da Miliani
stesso, tra il 1883 ed il 1892, e, ancor prima, da Giovanni Battista
Casini, e da Tommaso Agostino Benigni, nel 1670; quest’ultimo,
chiamava dialettalmente l’albero, ancora giovane, “caspa”, vale
a dire ‘cespuglio’, descrivendolo come “non più grande d’un braccio”.
Quando si seccò (anni Trenta del XX secolo), l’Acero di monte doveva,
dunque, contare attorno ai trecento anni d’età. A Giambattista
Miliani, vero e proprio nume dell’esplorazione scientifica alla Grotta
di Monte Cucco, gli speleologi del C.A.I. di Perugia vollero
consacrare anche l’intitolazione del fiume sotterraneo della gran
cavità umbra: il Torrente Miliani. È così che sia l’inizio
(pozzo d’ingresso) sia la fine (più noti) della Grotta del Monte Cucco
eternano, oggi, il nome di quel pioniere, al cui esempio, ed alla cui
grande suggestione, si deve, maggiormente, la ripresa delle indagini
speleologiche, in profondità, all’interno della Grotta, nel corso
degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso. Queste metodiche e caparbie
investigazioni esplorative condussero, nel 1973, con la scoperta
dell’ingresso alto, denominato Pozzo del Nibbio, al
raggiungimento temporaneo del primato italiano di profondità per la
Grotta del Cucco. Con gli speleologi di Perugia, circa ottant’anni
dopo, Miliani toccava, così, idealmente, la cima ed il fondo della sua
adorata “Caverna di Monte Cucco”.
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Monte Cucco
visto da oriente
Giambattista Miliani
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